Ad Albany, negli Stati Uniti, tra ortodossi russi e musulmani “nessuno sente l’esigenza di discussioni teologiche, ma siamo sempre pronti a mostrarci ospitali”.
È quanto ha raccontato oggi pomeriggio Nadia Kizenko, docente al Collegio di arti e scienze dell’Università di Albany (New York, Stati Uniti), intervenendo al XXV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa in svolgimento fino a sabato al monastero di Bose. Per parlare di “diaspora degli ortodossi russi” e di come “l’emigrazione russa incontra contesti nuovi”, Kizenko ha iniziato facendo riferimento all’“esperienza fatta dai cristiani ortodossi russi nel XX e nel XXI secolo”. Un’esperienza “unica”, ha proseguito, notando che “la Russia, un tempo il più vasto e potente impero ortodosso, si ridusse ad una terra dilaniata dalla guerra civile e imbrattata dal sangue versato”. Ricordando che “in quest’anno in cui ricorre il centenario della Rivoluzione russa”, Kizenko ha sottolineato che “in conseguenza delle politiche ateistiche e degli sconvolgimenti prodotti dal potere sovietico, milioni di persone fuggirono dal vecchio impero”. La docente ha presentato la realtà della Chiesa russa oltre frontiera per parlare dell’accoglienza avuta dai russi quando hanno lasciato la loro patria mettendo a confronto l’approccio della Compagnia di sant’Albano e san Sergio e quello del metropolita Anthony. E ha raccontato che “quando la parrocchia della Chiesa ortodossa russa di Albany – di cui faccio parte – poté acquistare un terreno, prima della Chiesa costruì un salone parrocchiale, con l’idea di finanziare parte delle spese per la costruzione della Chiesa con l’affitto della sala”. “Uno dei primi gruppi a prendere in affitto il salone fu la comunità islamica della porta accanto”. “Per anni – ha continuato – i nostri vicini musulmani usarono il nostro salone per le loro preghiere del venerdì sera”. “Ora noi abbiamo una Chiesa e loro hanno una moschea accanto alla nostra Chiesa, e siamo ottimi vicini, siamo davvero amici”, ha concluso, notando che “forse, come semplice espressione di gratitudine per l’ospitalità ricevuta, rispondere allo stesso modo potrebbe essere un buon inizio”. Nel corso del pomeriggio, Anna Briskina-Müller, ricercatrice presso l’Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg (Germania), ha invece presentato l’esperienza del monaco “girovago” ucraino Paisij Veličkovskij e della sua comunità multietnica per approfondire il tema dell’“ospitalità come opera spirituale”. La seconda giornata del convegno è stata conclusa da Giorgi Zviadadze, rettore di Seminario e Accademia teologica di Tbilisi (Georgia), che, parlando dell’ospitalità nel monastero di Iviron sul Monte Athos, ha affermato che “il dono dell’ospitalità rappresenta un fondamento solido dell’insegnamento cristiano e della vita cristiana, nonché una fonte di profondo interesse dei Padri Santi nelle storie bibliche dell’ospitalità di Abramo, chiara dimostrazione dell’importanza di questa virtù”.