(Andrea Palmieri, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani)
Il 2019 ha visto l’allacciarsi di una fitta trama di relazioni tra la
Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Le crescenti tensioni esistenti
all’interno del mondo ortodosso, legate alla concessione
dell’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina da parte del Patriarcato
ecumenico di Costantinopoli lo scorso 6 gennaio, non hanno impedito che
si continuassero a sviluppare rapporti bilaterali con ciascuna delle
Chiese ortodosse e che il dialogo teologico ufficiale proseguisse il suo
cammino.
In questo contesto, lo scorso 30 novembre, è ricorso il quarantesimo anniversario dell’annuncio dell’istituzione della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa da parte di Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca ecumenico Dimitrios. L’evento è stato ricordato da Papa Francesco nel suo messaggio indirizzato al patriarca ecumenico Bartolomeo in occasione della festa di sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli e del patriarcato ecumenico. In tale messaggio il Papa ha sottolineato i molti passi in avanti compiuti dalla Commissione. In effetti, nel corso di questi quarant’anni la Commissione si è riunita in quattordici sessioni plenarie e ha pubblicato sei importanti documenti: «Il Mistero della Chiesa e dell’Eucaristia alla luce del Mistero della Santissima Trinità» (Monaco di Baviera, Germania, 1982), «Fede, Sacramenti e Unità della Chiesa» (Bari, Italia, 1987), «Il Sacramento dell’Ordine nella struttura sacramentale della Chiesa, in particolare l’importanza della successione apostolica per la santificazione e l’unità del popolo di Dio» (Valamo, Finlandia, 1988), «L’Uniatismo, Metodo d’unione del passato e ricerca attuale della piena comunione» (Balamand, Libano, 1993), «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa - Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità» (Ravenna, Italia, 2007), «Sinodalità e Primato nel Primo Millennio. Verso una comune comprensione nel servizio all’unità della Chiesa» (Chieti, Italia, 2016).
Questi testi, che meritano di essere ulteriormente recepiti dalle Chiese locali e maggiormente approfonditi dalle istituzioni teologiche cattoliche e ortodosse, mostrano l’esistenza di un’ampia e solida convergenza di visioni tra le Chiese su fondamentali questioni teologiche, sacramentali ed ecclesiologiche. Nonostante un millennio di separazione, segnato spesso da un forte spirito polemico, la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa hanno convenuto di aver conservato entrambe la stessa struttura ecclesiologica, fondata sulla stessa fede trinitaria, sull’esperienza sacramentale e sulla successione apostolica. Su queste basi è stato possibile riconoscere insieme per la prima volta la necessità di un servizio primaziale anche a livello della vita della Chiesa universale, spettante al vescovo della Chiesa di Roma, da esercitarsi nel contesto della sinodalità secondo i principi del primo millennio che restano permanentemente normativi.
Nel corso di questo itinerario, come si è visto, la Commissione ha cominciato ad affrontare la spinosa questione dell’esercizio del primato del vescovo di Roma, che rappresenta un punto cruciale delle relazioni cattolico-ortodosse. Al momento attuale il comitato di coordinamento della Commissione è impegnato nello studio di un nuovo documento, intitolato «Primato e sinodalità nel secondo millennio ed oggi», il cui processo di redazione è iniziato nel 2018. Il testo prende in esame i principali avvenimenti del secondo millennio, in Occidente e in Oriente, che hanno influito sullo sviluppo del rapporto tra primato e sinodalità nelle due Chiese, cercando di pervenire a un’interpretazione condivisa. In questo documento la Commissione non intende tracciare una storia esaustiva del secondo millennio, né trattare tutti i temi che nel corso del periodo storico in oggetto hanno suscitato contese tra cattolici e ortodossi, ma vuole concentrarsi esclusivamente sulle questioni ecclesiologiche inerenti al titolo del testo. Tuttavia, poiché gli sviluppi ecclesiologici sono stati spesso legati a fattori non teologici di natura storica e culturale, occorre a volte riassumere fenomeni molto complessi in poche righe senza con ciò rinunciare a essere accurati.
A questo delicato lavoro il Comitato di coordinamento ha già dedicato due riunioni che hanno avuto luogo dal 13 al 17 novembre 2018 e dall’11 al 15 novembre 2019, entrambe presso il monastero di Bose. Una nuova riunione è prevista per settembre di quest’anno a Rethymno, in Grecia. I tempi di preparazione del documento, che non sono superiori a quelli di testi precedentemente pubblicati dalla Commissione, sono legati al desiderio unanimemente condiviso da tutti i membri del Comitato di coordinamento di rendere il testo sempre più preciso e completo. Naturalmente saranno poi i membri della Commissione riuniti in plenaria a valutare se esso è davvero maturo per la pubblicazione.
Alle due sopra menzionate riunioni del comitato di coordinamento della Commissione non ha partecipato il rappresentante del patriarcato di Mosca, presente in passato in simili circostanze. La sua assenza non è dovuta a questioni relative al dialogo, ma a una decisione del sinodo di quella Chiesa che, a causa della questione ucraina, ha vietato ai suoi membri di partecipare a qualunque commissione presieduta da un vescovo del patriarcato ecumenico. Poiché sia la Commissione mista internazionale che il comitato di coordinamento sono co-presieduti, da parte ortodossa, dall’arcivescovo Job di Telmessos, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il patriarcato di Mosca ha pertanto sospeso la sua partecipazione al dialogo teologico ufficiale. Nonostante tale defezione, che si aggiunge a quella dei rappresentanti del patriarcato di Bulgaria, i quali ormai da circa un decennio non partecipano alle riunioni della Commissione, il dialogo procede. Da parte cattolica, pur rispettando le scelte prese dai rispettivi sinodi, non si può che esprimere l’auspicio che tutte le Chiese ortodosse tornino a prendere parte attivamente al dialogo teologico.
Alcuni avvenimenti dello scorso anno hanno contribuito allo sviluppo di sempre migliori relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Tra questi si possono menzionare la visita di Papa Francesco a Sofia e a Bucarest, dove ha incontrato il patriarca di Bulgaria Neofit (5 maggio) e quello di Romania Daniel (31 maggio) e i loro rispettivi sinodi, nonché la visita del patriarca ecumenico Bartolomeo a Roma, dove ha incontrato nuovamente Papa Francesco (17 settembre). Un gesto di particolare importanza nelle relazioni cattolico–ortodosse è stato compiuto da Papa Francesco lo scorso 29 giugno, con il dono fatto al patriarcato ecumenico di Costantinopoli di alcuni frammenti delle reliquie di San Pietro. Riferendosi a questo significativo gesto, in una lettera indirizzata al patriarca ecumenico Bartolomeo datata 30 agosto, Papa Francesco ha scritto che esso «intende essere una conferma del cammino compiuto dalle nostre Chiese nell’avvicinarsi l’una all’altra: un cammino a volte esigente e difficile, ma anche accompagnato da segni evidenti della grazia di Dio. Seguire questo cammino richiede soprattutto conversione spirituale e rinnovata fedeltà al Signore, che domanda maggiore impegno e nuovi coraggiosi passi da parte nostra».
Il valore ecumenico del dono di Papa Francesco è stato sottolineato dal patriarca ecumenico Bartolomeo, il quale, nel suo discorso al termine della divina liturgia nella chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar in occasione della festa dell’apostolo Andrea, lo scorso 30 novembre, alla presenza di una delegazione della Santa Sede, ha affermato che «l’arrivo delle reliquie del santo apostolo Pietro nella sede del patriarcato ecumenico a Costantinopoli è stato di per sé una benedizione, poiché san Pietro è una figura centrale del cristianesimo come apostolo della confessione, testimone della risurrezione e segno di speranza per tutti i cristiani. Questo dono di nostro fratello Papa Francesco è una nuova pietra miliare sulla via dell’avvicinamento... Il fatto che i fratelli Pietro e Andrea siano di nuovo riuniti attraverso la presenza delle loro sante reliquie ci incoraggia a continuare con ancor più enfasi e speranza nel nostro cammino verso l’auspicata unità».
Poiché il dialogo della verità è preceduto ed è costantemente sostenuto dal dialogo della carità, senza il quale si ridurrebbe a discussione accademica, possiamo essere assolutamente certi che gli incontri e i gesti che sono stati precedentemente ricordati daranno un ulteriore impulso al dialogo teologico portato avanti dalla Commissione mista internazionale.
L'Osservatore Romano, 20-21 gennaio 2020
In questo contesto, lo scorso 30 novembre, è ricorso il quarantesimo anniversario dell’annuncio dell’istituzione della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa da parte di Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca ecumenico Dimitrios. L’evento è stato ricordato da Papa Francesco nel suo messaggio indirizzato al patriarca ecumenico Bartolomeo in occasione della festa di sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli e del patriarcato ecumenico. In tale messaggio il Papa ha sottolineato i molti passi in avanti compiuti dalla Commissione. In effetti, nel corso di questi quarant’anni la Commissione si è riunita in quattordici sessioni plenarie e ha pubblicato sei importanti documenti: «Il Mistero della Chiesa e dell’Eucaristia alla luce del Mistero della Santissima Trinità» (Monaco di Baviera, Germania, 1982), «Fede, Sacramenti e Unità della Chiesa» (Bari, Italia, 1987), «Il Sacramento dell’Ordine nella struttura sacramentale della Chiesa, in particolare l’importanza della successione apostolica per la santificazione e l’unità del popolo di Dio» (Valamo, Finlandia, 1988), «L’Uniatismo, Metodo d’unione del passato e ricerca attuale della piena comunione» (Balamand, Libano, 1993), «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa - Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità» (Ravenna, Italia, 2007), «Sinodalità e Primato nel Primo Millennio. Verso una comune comprensione nel servizio all’unità della Chiesa» (Chieti, Italia, 2016).
Questi testi, che meritano di essere ulteriormente recepiti dalle Chiese locali e maggiormente approfonditi dalle istituzioni teologiche cattoliche e ortodosse, mostrano l’esistenza di un’ampia e solida convergenza di visioni tra le Chiese su fondamentali questioni teologiche, sacramentali ed ecclesiologiche. Nonostante un millennio di separazione, segnato spesso da un forte spirito polemico, la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa hanno convenuto di aver conservato entrambe la stessa struttura ecclesiologica, fondata sulla stessa fede trinitaria, sull’esperienza sacramentale e sulla successione apostolica. Su queste basi è stato possibile riconoscere insieme per la prima volta la necessità di un servizio primaziale anche a livello della vita della Chiesa universale, spettante al vescovo della Chiesa di Roma, da esercitarsi nel contesto della sinodalità secondo i principi del primo millennio che restano permanentemente normativi.
Nel corso di questo itinerario, come si è visto, la Commissione ha cominciato ad affrontare la spinosa questione dell’esercizio del primato del vescovo di Roma, che rappresenta un punto cruciale delle relazioni cattolico-ortodosse. Al momento attuale il comitato di coordinamento della Commissione è impegnato nello studio di un nuovo documento, intitolato «Primato e sinodalità nel secondo millennio ed oggi», il cui processo di redazione è iniziato nel 2018. Il testo prende in esame i principali avvenimenti del secondo millennio, in Occidente e in Oriente, che hanno influito sullo sviluppo del rapporto tra primato e sinodalità nelle due Chiese, cercando di pervenire a un’interpretazione condivisa. In questo documento la Commissione non intende tracciare una storia esaustiva del secondo millennio, né trattare tutti i temi che nel corso del periodo storico in oggetto hanno suscitato contese tra cattolici e ortodossi, ma vuole concentrarsi esclusivamente sulle questioni ecclesiologiche inerenti al titolo del testo. Tuttavia, poiché gli sviluppi ecclesiologici sono stati spesso legati a fattori non teologici di natura storica e culturale, occorre a volte riassumere fenomeni molto complessi in poche righe senza con ciò rinunciare a essere accurati.
A questo delicato lavoro il Comitato di coordinamento ha già dedicato due riunioni che hanno avuto luogo dal 13 al 17 novembre 2018 e dall’11 al 15 novembre 2019, entrambe presso il monastero di Bose. Una nuova riunione è prevista per settembre di quest’anno a Rethymno, in Grecia. I tempi di preparazione del documento, che non sono superiori a quelli di testi precedentemente pubblicati dalla Commissione, sono legati al desiderio unanimemente condiviso da tutti i membri del Comitato di coordinamento di rendere il testo sempre più preciso e completo. Naturalmente saranno poi i membri della Commissione riuniti in plenaria a valutare se esso è davvero maturo per la pubblicazione.
Alle due sopra menzionate riunioni del comitato di coordinamento della Commissione non ha partecipato il rappresentante del patriarcato di Mosca, presente in passato in simili circostanze. La sua assenza non è dovuta a questioni relative al dialogo, ma a una decisione del sinodo di quella Chiesa che, a causa della questione ucraina, ha vietato ai suoi membri di partecipare a qualunque commissione presieduta da un vescovo del patriarcato ecumenico. Poiché sia la Commissione mista internazionale che il comitato di coordinamento sono co-presieduti, da parte ortodossa, dall’arcivescovo Job di Telmessos, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il patriarcato di Mosca ha pertanto sospeso la sua partecipazione al dialogo teologico ufficiale. Nonostante tale defezione, che si aggiunge a quella dei rappresentanti del patriarcato di Bulgaria, i quali ormai da circa un decennio non partecipano alle riunioni della Commissione, il dialogo procede. Da parte cattolica, pur rispettando le scelte prese dai rispettivi sinodi, non si può che esprimere l’auspicio che tutte le Chiese ortodosse tornino a prendere parte attivamente al dialogo teologico.
Alcuni avvenimenti dello scorso anno hanno contribuito allo sviluppo di sempre migliori relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Tra questi si possono menzionare la visita di Papa Francesco a Sofia e a Bucarest, dove ha incontrato il patriarca di Bulgaria Neofit (5 maggio) e quello di Romania Daniel (31 maggio) e i loro rispettivi sinodi, nonché la visita del patriarca ecumenico Bartolomeo a Roma, dove ha incontrato nuovamente Papa Francesco (17 settembre). Un gesto di particolare importanza nelle relazioni cattolico–ortodosse è stato compiuto da Papa Francesco lo scorso 29 giugno, con il dono fatto al patriarcato ecumenico di Costantinopoli di alcuni frammenti delle reliquie di San Pietro. Riferendosi a questo significativo gesto, in una lettera indirizzata al patriarca ecumenico Bartolomeo datata 30 agosto, Papa Francesco ha scritto che esso «intende essere una conferma del cammino compiuto dalle nostre Chiese nell’avvicinarsi l’una all’altra: un cammino a volte esigente e difficile, ma anche accompagnato da segni evidenti della grazia di Dio. Seguire questo cammino richiede soprattutto conversione spirituale e rinnovata fedeltà al Signore, che domanda maggiore impegno e nuovi coraggiosi passi da parte nostra».
Il valore ecumenico del dono di Papa Francesco è stato sottolineato dal patriarca ecumenico Bartolomeo, il quale, nel suo discorso al termine della divina liturgia nella chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar in occasione della festa dell’apostolo Andrea, lo scorso 30 novembre, alla presenza di una delegazione della Santa Sede, ha affermato che «l’arrivo delle reliquie del santo apostolo Pietro nella sede del patriarcato ecumenico a Costantinopoli è stato di per sé una benedizione, poiché san Pietro è una figura centrale del cristianesimo come apostolo della confessione, testimone della risurrezione e segno di speranza per tutti i cristiani. Questo dono di nostro fratello Papa Francesco è una nuova pietra miliare sulla via dell’avvicinamento... Il fatto che i fratelli Pietro e Andrea siano di nuovo riuniti attraverso la presenza delle loro sante reliquie ci incoraggia a continuare con ancor più enfasi e speranza nel nostro cammino verso l’auspicata unità».
Poiché il dialogo della verità è preceduto ed è costantemente sostenuto dal dialogo della carità, senza il quale si ridurrebbe a discussione accademica, possiamo essere assolutamente certi che gli incontri e i gesti che sono stati precedentemente ricordati daranno un ulteriore impulso al dialogo teologico portato avanti dalla Commissione mista internazionale.
L'Osservatore Romano, 20-21 gennaio 2020