(Giovanni Zavatta)iL Ssmografo
«Il mondo di oggi ha bisogno di dialogo in numerosi campi e il dialogo rappresenta un’occasione per la missione e la testimonianza dell’ortodossia.
È necessario camminare insieme, con spirito di unità e di responsabilità. E speriamo che il concilio possa aiutare a guidare correttamente le relazioni anche con i nostri amici cristiani non ortodossi, prova di verità della nostra Chiesa nei confronti delle loro comunità». Intervistato dal sito Amen.gr, il metropolita Nifon, arcivescovo di Târgovişte, membro della delegazione del patriarcato di Romania al concilio ortodosso che si sta per aprire a Creta, riassume una delle indicazioni più auspicate dai rappresentanti del mondo ortodosso, ovvero quella di mostrare — attraverso il modus operandi della riunione — senso di unità e, soprattutto, di responsabilità.
E accenna, pur senza citarlo, al documento Le relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano, uno dei più discussi fra quelli all’ordine del giorno del concilio.
Come Nifon, anche il metropolita Gennadios, arcivescovo ortodosso di Italia e Malta, ritiene che «soltanto se unita la Chiesa ortodossa dimostrerà al mondo cristiano e contemporaneo che essa non è statica, ostile al progresso, allo sviluppo dell’uomo; dimostrerà, anzi, che le Chiese ortodosse locali collaborano per offrire a tutti gli uomini cose buone e utili». Commentando le difficoltà che hanno accompagnato la vigilia del concilio, Gennadios ricorda un altro periodo “complicato” che coincise con la convocazione della conferenza panortodossa di Rodi, quando venne ascoltato «l’invito del grande patriarca Atenagora, figura pura e dinamica, che nell’isola di Rodi, Chiesa fondata da san Paolo, lottò per l’unità e la collaborazione facendo il possibile affinché fosse ascoltata e accettata la sacratissima idea di convocare il Santo e grande sinodo. Era il settembre del 1961. Nonostante i problemi politici e sociali dell’epoca, allora fu ascoltata la voce di quell’uomo pieno di spirito di sapienza e prudenza. Il suo invito diede nuova vita e futuro per il progresso e la rinascita della Chiesa ortodossa, che uscì dalla conferenza panortodossa unita nella speranza; un nuovo spirito e nuovi orizzonti e soprattutto una rinnovata unione e fraterna collaborazione furono il glorioso trofeo che tutti i rappresentanti riportarono alle rispettive Chiese ortodosse locali. Con la guida della bussola della conoscenza e del rispetto reciproco — sottolinea il metropolita di Italia e Malta — la voce della Chiesa ortodossa in quegli anni esigenti e discussi incoraggiava, univa, accoglieva, cercava il meglio e la stabilità».
John Chryssavgis, arcidiacono del patriarcato ecumenico e direttore dell’ufficio stampa del concilio, in un’intervista al Sismografo, ribadisce che l’obiettivo della grande riunione di Creta «è mettere insieme le Chiese ortodosse, per la prima volta a un livello così rappresentativo, in modo da mostrare un profilo più unitario e fornire una testimonianza più credibile nel mondo». Il problema è che le quattordici Chiese ortodosse inizialmente partecipanti si sono mosse in modo diverso l’una rispetto all’altra: «Per esempio, il patriarcato ecumenico ha creato positive e costruttive relazioni con le altre Chiese cristiane, specialmente con la Chiesa cattolica e con la Comunione anglicana, e con le organizzazioni ecumeniche, mentre altre Chiese, come quelle di Bulgaria e di Georgia, hanno evitato di favorire tali rapporti, diventando delle comunità isolate nel mondo cristiano, tanto da trovarsi a disagio nell’aprirsi al dialogo con le altre Chiese e religioni». Il Santo e grande concilio — osserva Chryssavgis — è dunque «un’opportunità per tutte queste Chiese, unite sacramentalmente e dottrinalmente ma frammentate in altri modi, per stabilire alcune linee-guida utili riguardo all’importanza di abbracciare il mondo, invece di ritirarsi in un ghetto».
Com’è noto, le Chiese ortodosse di Bulgaria e di Georgia non parteciperanno al concilio, assieme al patriarcato di Antiochia e alla Chiesa ortodossa russa. Al riguardo il metropolita Ilarione, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, in due interviste — a Interfax e a Romfea.gr — auspica che il patriarca ecumenico Bartolomeo «dia prova di prudenza, umiltà e saggezza» e che la voce delle quattro Chiese assenti non resti inascoltata (lo stesso invito è stato formulato dal patriarcato di Serbia, anzi risulta tra le condizioni della sua partecipazione). Il metropolita ricorda inoltre che la decisione del sinodo ortodosso russo di appoggiare il fronte delle Chiese favorevoli al rinvio «non vuole assolutamente dire che il patriarcato di Mosca è contrario allo svolgimento del concilio o che si ritira dal processo preconciliare. Tutt’altro, il patriarcato propone di proseguire insieme la preparazione del concilio affinché sia veramente panortodosso, cosa impossibile se quattro Chiese autocefale hanno rifiutato di prendervi parte alla data prevista».
La parola dialogo campeggia anche in una dichiarazione — diffusa da Orthodoxie.com — del metropolita di Tamasos e Orinis, Isaia, membro della delegazione della Chiesa di Cipro: «Non è con gli insulti all’indirizzo delle Chiese che si pronunciano pro o contro il rinvio della data di convocazione del concilio che si raggiunge l’unità alla quale aspiriamo. L’unità che noi cerchiamo non è quella della fede, poiché essa, Dio sia lodato, esiste. Si tratta dell’unità nella comprensione e nella regolazione di questioni amministrative e pastorali nella vita delle Chiese ortodosse locali. Le reciproche accuse, anziché sanare le controversie, non fanno altro che aggravare la situazione e accentuare le contraddizioni». Occorrono invece, conclude Isaias, collaborazione, umiltà, rispetto, comprensione reciproca: «Senza mettere a rischio la nostra comunione liturgica, bisogna, con la preghiera e la forza dello Spirito, tenere conto delle preoccupazioni espresse dai nostri fratelli in Cristo e cercare la via dell’unità».
L'Osservatore Romano, 17 giugno 2016.E accenna, pur senza citarlo, al documento Le relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano, uno dei più discussi fra quelli all’ordine del giorno del concilio.
Come Nifon, anche il metropolita Gennadios, arcivescovo ortodosso di Italia e Malta, ritiene che «soltanto se unita la Chiesa ortodossa dimostrerà al mondo cristiano e contemporaneo che essa non è statica, ostile al progresso, allo sviluppo dell’uomo; dimostrerà, anzi, che le Chiese ortodosse locali collaborano per offrire a tutti gli uomini cose buone e utili». Commentando le difficoltà che hanno accompagnato la vigilia del concilio, Gennadios ricorda un altro periodo “complicato” che coincise con la convocazione della conferenza panortodossa di Rodi, quando venne ascoltato «l’invito del grande patriarca Atenagora, figura pura e dinamica, che nell’isola di Rodi, Chiesa fondata da san Paolo, lottò per l’unità e la collaborazione facendo il possibile affinché fosse ascoltata e accettata la sacratissima idea di convocare il Santo e grande sinodo. Era il settembre del 1961. Nonostante i problemi politici e sociali dell’epoca, allora fu ascoltata la voce di quell’uomo pieno di spirito di sapienza e prudenza. Il suo invito diede nuova vita e futuro per il progresso e la rinascita della Chiesa ortodossa, che uscì dalla conferenza panortodossa unita nella speranza; un nuovo spirito e nuovi orizzonti e soprattutto una rinnovata unione e fraterna collaborazione furono il glorioso trofeo che tutti i rappresentanti riportarono alle rispettive Chiese ortodosse locali. Con la guida della bussola della conoscenza e del rispetto reciproco — sottolinea il metropolita di Italia e Malta — la voce della Chiesa ortodossa in quegli anni esigenti e discussi incoraggiava, univa, accoglieva, cercava il meglio e la stabilità».
John Chryssavgis, arcidiacono del patriarcato ecumenico e direttore dell’ufficio stampa del concilio, in un’intervista al Sismografo, ribadisce che l’obiettivo della grande riunione di Creta «è mettere insieme le Chiese ortodosse, per la prima volta a un livello così rappresentativo, in modo da mostrare un profilo più unitario e fornire una testimonianza più credibile nel mondo». Il problema è che le quattordici Chiese ortodosse inizialmente partecipanti si sono mosse in modo diverso l’una rispetto all’altra: «Per esempio, il patriarcato ecumenico ha creato positive e costruttive relazioni con le altre Chiese cristiane, specialmente con la Chiesa cattolica e con la Comunione anglicana, e con le organizzazioni ecumeniche, mentre altre Chiese, come quelle di Bulgaria e di Georgia, hanno evitato di favorire tali rapporti, diventando delle comunità isolate nel mondo cristiano, tanto da trovarsi a disagio nell’aprirsi al dialogo con le altre Chiese e religioni». Il Santo e grande concilio — osserva Chryssavgis — è dunque «un’opportunità per tutte queste Chiese, unite sacramentalmente e dottrinalmente ma frammentate in altri modi, per stabilire alcune linee-guida utili riguardo all’importanza di abbracciare il mondo, invece di ritirarsi in un ghetto».
Com’è noto, le Chiese ortodosse di Bulgaria e di Georgia non parteciperanno al concilio, assieme al patriarcato di Antiochia e alla Chiesa ortodossa russa. Al riguardo il metropolita Ilarione, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, in due interviste — a Interfax e a Romfea.gr — auspica che il patriarca ecumenico Bartolomeo «dia prova di prudenza, umiltà e saggezza» e che la voce delle quattro Chiese assenti non resti inascoltata (lo stesso invito è stato formulato dal patriarcato di Serbia, anzi risulta tra le condizioni della sua partecipazione). Il metropolita ricorda inoltre che la decisione del sinodo ortodosso russo di appoggiare il fronte delle Chiese favorevoli al rinvio «non vuole assolutamente dire che il patriarcato di Mosca è contrario allo svolgimento del concilio o che si ritira dal processo preconciliare. Tutt’altro, il patriarcato propone di proseguire insieme la preparazione del concilio affinché sia veramente panortodosso, cosa impossibile se quattro Chiese autocefale hanno rifiutato di prendervi parte alla data prevista».
La parola dialogo campeggia anche in una dichiarazione — diffusa da Orthodoxie.com — del metropolita di Tamasos e Orinis, Isaia, membro della delegazione della Chiesa di Cipro: «Non è con gli insulti all’indirizzo delle Chiese che si pronunciano pro o contro il rinvio della data di convocazione del concilio che si raggiunge l’unità alla quale aspiriamo. L’unità che noi cerchiamo non è quella della fede, poiché essa, Dio sia lodato, esiste. Si tratta dell’unità nella comprensione e nella regolazione di questioni amministrative e pastorali nella vita delle Chiese ortodosse locali. Le reciproche accuse, anziché sanare le controversie, non fanno altro che aggravare la situazione e accentuare le contraddizioni». Occorrono invece, conclude Isaias, collaborazione, umiltà, rispetto, comprensione reciproca: «Senza mettere a rischio la nostra comunione liturgica, bisogna, con la preghiera e la forza dello Spirito, tenere conto delle preoccupazioni espresse dai nostri fratelli in Cristo e cercare la via dell’unità».