Ecumenical Patriarchate Press Office
Andrea Riccardi
Il sinodo di Mosca ha chiesto, viste le difficoltà di alcune Chiese,
di rinviare il Concilio panortodosso previsto per il 16 giugno. Se ci
sarà, i russi non parteciperanno. Non è un fatto solo ecclesiastico, ma
un passaggio della faticosa ristrutturazione dei mondi religiosi nella
globalizzazione.
Le religioni, contraddittoriamente, si rilanciano o
divengono fondamentaliste o si chiudono.
Il processo conciliare ortodosso però viene da lontano. Lo avviò il
patriarca di Costantinopoli, Atenagora: «La Chiesa non può irradiare
veramente la vita se non unificandosi», diceva. Così aprì il dialogo con
i cattolici e riavvicinò gli ortodossi con la conferenza di Rodi
(1961). Finalmente, cinquantacinque anni dopo, si sta arrivando al
Concilio a Creta. Il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, primus
inter pares tra i primati ortodossi, si è speso molto per l’impresa. I
suoi poteri, limitati per la conformazione dell’ortodossia e il
ristretto numero dei suoi fedeli in Turchia, sono accresciuti dalla sua
autorevolezza di leader spirituale mondiale. Per lui, l’ortodossia deve
uscire dal nazionalismo (il «filetismo» — dicono a Costantinopoli) e dal
tradizionalismo («i superortodossi»), per collocarsi nel mondo moderno e
globale.
Il Concilio di Creta vuol essere un segno di unità nel «nuovo mondo».
Mentre si sta per realizzare, il fronte del rifiuto si è cristallizzato
anche per paura di novità. Sono emerse le logiche «nazionali» di molte
Chiese, affermatesi dall’Ottocento, quando conquistarono, con
l’indipendenza nazionale, l’autocefalia, più che l’autonomia da
Costantinopoli. Ne è nata una frammentazione. Non c’è un imperatore, che
guidi i vescovi in una via comune come ai Concili del primo millennio. I
nuovi leader politici hanno rapporti complessi con le Chiese. Non uno
può unirle tutte. Tra gli emigrati si sono moltiplicate le diocesi
legate alla madrepatria: negli Stati Uniti, nonostante gli ortodossi
siano solo lo 0,3% degli americani, c’è una dozzina di Chiese autonome.
La Chiesa bulgara non parteciperà al Concilio. Nemmeno quella
georgiana, nota per posizioni tradizionali e isolamento. Gli ortodossi
arabi di Antiochia (Siria e Libano) si astengono per la rottura con
Gerusalemme (che ha aperto una parrocchia nel territorio antiocheno).
L’organo di governo del Monte Athos, Kinot, critica i testi conciliari.
Da parte sua, la Chiesa russa (che conta più della metà degli ortodossi)
ha ottenuto quanto chiesto a Bartolomeo: sullo spostamento dell’evento
da Istanbul a Creta per le tensioni russo-turche, sulla disposizione
della presidenza a Creta e altro. Si respirava aria distesa tra Kirill e
Bartolomeo, nonostante gli storici problemi tra i due patriarcati.
Indubbiamente il fatto che, al Concilio, partecipino solo 24 vescovi per
ogni Chiesa, riduce la presa del vasto episcopato di Russia, che però
insiste sulla necessaria unanimità delle Chiese nella partecipazione e
nel voto. Un Concilio, così strutturato, non assorbe facilmente tensioni
e diversità che percorrono le Chiese.
Molti oggi sospettano che dietro la non partecipazione bulgara ci sia
Mosca. Ma Kirill avrebbe potuto porre prima ostacoli al Concilio. La
Chiesa russa ha varie difficoltà interne, specie dopo l’incontro
Kirill-Francesco a Cuba, criticato da monaci e vescovi. Quella
all’estero (da poco unitasi a Mosca dopo la separazione negli anni
sovietici) ha criticato il Concilio. Il tradizionalismo ha costretto il
patriarca ad attendere molto per incontrare il papa. Kirill, nonostante
il suo prestigio, si misura oggi con problemi interni. Così il
patriarcato russo non ha speso il suo peso per realizzare in ogni modo
il Concilio.
Il disegno di Bartolomeo, preoccupato di un’ortodossia chiusa in
orizzonti nazionali e tradizionali, non comunicativa, sembra in
difficoltà. In realtà, la sua visione è l’unica che porti i 200 milioni
di ortodossi a misurarsi con la storia e non a prescinderne, come se
niente sia cambiato. Costantinopoli ha dichiarato che il rinvio del
Concilio «arreca un danno irreparabile» all’unità e alla credibilità
ortodossa. Bartolomeo è arrivato ieri a Creta per tenere ugualmente il
Concilio con le Chiese che verranno. Del resto è evidente la non
adeguatezza di orizzonti solo nazionali alle sfide globali. Solo per
Mosca ha un orizzonte più largo: il «mondo russo». Che può una Chiesa
nazionale a confronto con i flussi antropologici, culturali e migratori
della globalizzazione? Il rischio per gli ortodossi è restare residuali:
la demografia ridimensiona drasticamente i popoli ortodossi. In greco
Concilio si traduce con «sinodo»: vuol dire «cammino insieme». Si
capisce la difficoltà di camminare insieme tra soggetti abituati
all’isolamento. Eppure la storia sembra imporlo.