Città del Vaticano
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo è arrivato
nell’isola e nella sua prima dichiarazione ha ricordato quanto stabilito
dai responsabili delle Chiese ortodosse a Ginevra. La Chiesa di Serbia
alla fine decide di partecipare
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli è arrivato a Creta, dove il 19 giugno si aprirà quello che doveva essere il primo concilio panortodosso
dopo oltre un millennio, ma che dopo le defezioni delle Chiese di
Antiochia, Bulgaria, Georgia e infine Russia è destinato a trasformarsi
nella prima tappa di un processo più lungo e difficile.
«Il santo grande concilio - ha detto Bartolomeo al suo arrivo a Creta
- è la nostra sacra missione». Il successore dell’apostolo Andrea ha
osservato che la gioia per questo evento è offuscata dalla decisione di
alcune Chiese di non partecipare: «La responsabilità per la loro decisione ricade su quelle stesse Chiese e sui loro primati - ha aggiunto Bartolomeo - dato
che, appena cinque mesi fa, alla Sinassi dei primati ortodossi a
Ginevra, abbiamo preso una decisione e abbiamo apposto le nostre firme
su di essa: dovevamo venire a Creta in giugno per realizzare
questa visione perseguita nel corso di molti anni: tutte le nostre
Chiese desiderano, dichiarano e proclamano l’unità della nostra Chiesa
ortodossa. E vogliono esaminare i problemi che riguardano il mondo
ortodosso per risolverli insieme».
Il Patriarca di Costantinopoli ha anche detto che non è troppo tardi
per le Chiese rinunciatarie, di riconsiderare la loro decisione: «Anche
se all’ultimo momento, per onorare la loro firma, verranno a Creta,
saranno accolte con gioia». L’ultima notizia in merito è stata
ufficializzata il 15 giugno: il Patriarca serbo Irinej ha annunciato la decisione finale di partecipare al concilio.
In un comunicato, il primate della Chiesa ortodossa di Serbia ha
affermato che il punto di vista delle Chiese assenti dovrà essere preso
in considerazione, altrimenti la delegazione serba abbandonerà l’assise.
E ha anche aggiunto di sperare che le Chiese presenti al concilio
prendano decisioni che non risultino troppo controverse per le Chiese
assenti, ma che possano essere da loro condivise.
La Chiesa serba ha anche affermato che il concilio «non può essere ostaggio di regole stabilite e accettate in anticipo».
Parole che riecheggiano le posizioni espresse in precedenza dalla
stessa Chiesa nel momento in cui aveva messo in forse la sua
partecipazione chiedendo un dibattito più aperto. Con queste premesse, quello che si apre a Creta il 19 giugno è soltanto il primo capitolo di un processo più lungo.
Nel progetto iniziale, perseguito da Bartolomeo, il segno dell’unità
manifestata di fronte al mondo per la prima volta dopo più di mille
anni, avrebbe rappresentato il risultato più significativo, a
prescindere dalle deliberazioni conciliari.
L’assenza di quattro delle quattordici Chiese
della comunione ortodossa - e tra queste la Chiesa russa, che da sola ha
giurisdizione su più della metà dei cristiani ortodossi - di fatto
cambierà la natura dell’assise, riportando in primo piano i
problemi esistenti nel mondo ortodosso più che la testimonianza
dell’unità. Ma potrebbe proprio per questo favorire un approccio più
diretto e approfondito agli stessi problemi, cambiando la scaletta dei
lavori prestabilita e i testi già preparati. La storia dei concili
dimostra che queste dinamiche non sono affatto nuove né rappresentano
delle eccezioni: basti pensare a ciò che è accaduto con il concilio
ecumenico Vaticano II.