Παρασκευή 28 Απριλίου 2017

L’INCONTRO AD AL-AZHAR, UN SEGNO DI PACE PER IL MONDO”INTERVISTA AL METROPOLITA EMMANUEL DI FRANCIA


“L’incontro ad al-Azhar, un segno di pace per il mondo”Intervista al metropolita Emmanuel di Francia sullo storico appuntamento di oggi che vedrà Francesco, Bartolomeo e Tawadros insieme nel prestigioso centro sunnita
Un incontro «storico», «unico nel suo genere» e «indispensabile per il mondo di oggi». Il metropolita Emmanuel di Francia, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, sintetizza così a Vatican Insider l’appuntamento di oggi pomeriggio che vedrà Papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e il papa copto Tawadros riunirsi insieme sotto le volte di al-Azhar per la Conferenza internazionale della Pace. 
Il patriarca Bartolomeo ha accettato l’invito del grande imam Al Tayyeb a recarsi ad al-Azhar alla Conferenza internazionale per la Pace. Qual è il significato della sua presenza in Egitto? 
«Il patriarca ecumenico Bartolomeo ha accettato subito l’invito da parte del grande imam di Al-Azhar, Ahmed el-Tayeb, per tre motivi. Il primo, come ha ricordato nel suo discorso introduttivo, il Patriarcato Ecumenico di cui è capo da più di 25 anni, fa della promozione della pace una questione fondamentale della sua missione religiosa. Per contrastare il pensiero diffuso che vede la religione come la causa delle violenze moderne, è necessario sviluppare una pace esemplare che passa in primo luogo attraverso il dialogo. La pace e il dialogo si intrecciano, nel pensiero e nell’impegno del patriarca Bartolomeo. La seconda ragione risiede nel fatto che esiste una dimensione interreligiosa propria del tipo di dialogo che intendiamo promuovere ed è direttamente correlata all’obiettivo di pace che vogliamo raggiungere. Inoltre, dovremmo mantenere, ne sono convinto, il fermo desiderio di solidarietà a fianco al mondo musulmano nel dissociarci dal terrorismo. Del resto Sua Santità l’ha espresso molto chiaramente. Infine, la terza ragione, l’operare per la promozione della pace attraverso il dialogo è una caratteristica propria dell’ecumenismo moderno. Il patriarca ecumenico vuole così mostrare la sua vicinanza alla Chiesa copta, pesantemente in lutto dopo gli attacchi del 7 aprile, che hanno colpito due delle sue comunità. Inoltre, la concomitante presenza di Papa Francesco in Egitto, rafforza l’idea che ogni impegno ecumenico deve essere un’azione di solidarietà verso i più deboli». 
Come definirebbe la presenza del Successore di Pietro, Francesco, e del suo fratello Bartolomeo, successore dell’apostolo Andrea, vicino al papa copto Tawadros II in questo particolare momento storico? 
«Come ho detto precedentemente, credo che la dimensione ecumenica di tale Conferenza internazionale per la pace sia una conseguenza naturale. Proprio a causa dei recenti attacchi contro la Chiesa copta, (la dimensione ecumenica) è diventata innegabile se non addirittura fondamentale. È noto che molti incontri tra i vescovi di Roma e di Costantinopoli dopo l’elezione di Papa Francesco nel 2013, hanno evidenziato la necessità di dare sostegno ai cristiani in Oriente. A causa della sua particolare posizione geografica, il Patriarcato ecumenico è parte integrante di questo mosaico e conosce le difficoltà in questione. Questo per ribadire l’urgenza di trovare una risposta politica alla crisi che ha segnato il Medio Oriente e che spinge centinaia di migliaia di persone all’esilio e tra loro un ingente numero di cristiani. Inoltre, la pace è la prima condizione necessaria per la loro protezione. Purtroppo, le recenti notizie ci ricordano troppo spesso quanto questa pace sia fragile». 
Dunque un segno per la pace nel mondo... 
«Credo che questo sia un segno per il mondo, non solo vedere incontrarsi leader religiosi di rilevanza mondiale – come è già accaduto in passato - ma soprattutto perché questo incontro si svolge sotto gli auspici del grande imam di al-Azhar. In Egitto, un paese a maggioranza musulmana in cui risiede la più numerosa comunità cristiana della regione, questo incontro simboleggia un reale desiderio di pace. Ecco perché penso che la Conferenza internazionale sia un incontro unico nel suo genere che rappresenta l’avvento di una nuova era. Sono dunque particolarmente lieto che Francesco, Bartolomeo e Tawadros siano stati in grado di raggiungere questo traguardo ecumenico indispensabile per il mondo di oggi». 
Qual è il senso della visita ad al-Azhar? Cosa può dirci del rapporto tra la Chiesa ortodossa e il mondo musulmano? 
«La visita ad al-Azhar è stata voluta dal patriarca ecumenico stesso, convinto del potere di trasformazione del dialogo. Il dialogo non è per convincere, né per convertire. Per dialogo, si intende un approccio propriamente teologico, se non spirituale, simile alla cura pastorale di cui parlano i Padri della Chiesa. Non si legge forse nelle prime righe del Vangelo di San Giovanni: “In principio era il Verbo ...” (Gv 1, 1)? Il dialogo è quindi incontro. È un lavoro di introspezione che ci spinge a vedere gli altri come sono e non come pensiamo che siano. Vedo qui una caratteristica del patriarca Bartolomeo. In questi ultimi 25 anni ha avuto il coraggio di pensare che la Chiesa potesse e dovesse interagire con il mondo in tutta la sua diversità, senza timore di perdere la propria identità, senza timore di mettersi in discussione, ma rafforzata dall’apertura del cuore. Per quanto riguarda i rapporti con l’Islam, stanno progredendo. Credo che oggi più che mai abbiamo bisogno di essere presenti a fianco ai musulmani discriminati a causa della confusione creata dal terrorismo e dall’estremismo religioso. La presenza di tanti leader religiosi al Cairo oggi dimostra che questo approccio è condiviso e in contraddizione, almeno spero, con coloro che vogliono fare dell’Islam una “religione della paura”». 
In che modo, secondo lei, si può fermare il fondamentalismo e gli attacchi terroristici contro le persone, siano esse cristiane o musulmane? 
«L’incontro di questi giorni è un’eccellente risposta alla sua domanda. Per combattere il fondamentalismo religioso che anima il terrorismo, dobbiamo prima di tutto incontrarci, esporci alla diversità del mondo e abbracciarla mossi dalla Grazia. Si deve comprendere che il fondamentalismo religioso nelle sue dimensioni più conflittuali e violente è principalmente il risultato dell’isolamento alimentato da pregiudizi e altre rappresentazioni atte a favorire l’antagonismo. La fede, quando è vissuta come una forza liberatrice, si oppone perché fa dell’incontro il punto di partenza di una rinnovata solidarietà umana. Il patriarca Bartolomeo ha detto nel suo messaggio in occasione dell’apertura del Convegno: “La più grande sfida delle religioni è quella di sviluppare il proprio potenziale di amore, di solidarietà e di compassione. Questo è ciò che l’umanità si aspetta dalla religione oggi”».