“L’impegno di ospitalità si presenta come un dovere cristiano impellente”. Lo ha affermato questa mattina Theodoros II, patriarca greco-ortodosso di Alessandria, intervenendo al XXV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa che si è aperto oggi al monastero di Bose sul tema “Il dono dell’ospitalità”.
Nel suo intervento, ha rilevato che “il Signore ci ha insegnato che, come cristiani, dobbiamo sentire il bisogno di donare un amore illimitato al prossimo, soprattutto l’indigente, in particolare lo straniero, che siamo chiamati ad accogliere e a fare oggetto delle nostre cure”. Per cui “il cristiano non si accontenta di una tolleranza passiva della diversità dello straniero, ma procede verso un assenso dinamico dato alla sua persona, che si esprime in comunione di amore”. “È un comandamento di Dio trattare gli stranieri che vengono nei nostri Paesi come se fossero dei nativi, e amarli alla pari di noi stessi”, ha ammonito Theodoros II, aggiungendo che “l’ospitalità, la condivisione dei beni della terra con il nostro compagno di umanità, l’accoglienza incondizionata dello straniero, che implica la sua integrazione nella nostra vita, ci fanno entrare in un’autentica relazione ‘eucaristica’ con il Creatore dell’universo”. Ribadendo che “l’ospitalità deve essere uno dei compiti più importanti del cristiano, poiché ha come suo movente l’amore verso il prossimo”, il patriarca greco-ortodosso ha evidenziato che “i cristiani sono chiamati non soltanto a essere ospitali, ma anche a premurarsi di ospitare tutti quelli che hanno bisogno”. “Oggi – ha sottolineato Theodoros II – l’Europa è in preda a terrore e vertigini davanti all’ondata di profughi e al fenomeno dell’immigrazione, ma la Chiesa di Alessandria vive questo evento ogni giorno nello sconfinato continente africano, dove conflitti bellici, guerre civili e disastri naturali producono continuamente ondate di profughi ridotti alla miseria”. Parlando dell’“addolorato continente dell’Africa”, il patriarca ha fatto riferimento alla “situazione di necessità assoluta” in cui versano “decine di migliaia di africani nostri fratelli in Ruanda, Sierra Leone, Burundi, Congo, Sud Sudan e in molte altre regioni. Senza dimora e perseguitati, profughi nel loro stesso Paese”. “Sfruttamento, ingiustizia sociale, violenza, tirannide, disoccupazione, guerra, terrorismo, emigrazione, razzismo, inquinamento ambientale rappresentano dei problemi sociali essenziali che riguardano i credenti”. “Come cristiani – ha concluso – dobbiamo accogliere lo straniero e il migrante come benedizione e come dono di Dio e riconoscere che tutti siamo stati creati come immagine di Dio e abbiamo gli stessi diritti umani per quanto concerne la vita, il lavoro e la libertà. Dobbiamo venire in soccorso del dolore e dell’angoscia delle vittime delle discriminazioni e pregare che le Chiese diano il benvenuto a uomini di ogni razza, colore e nazionalità”.