“Nessuno di noi ignora l’immensa richiesta di ‘philoxenía’ (amore per lo straniero) da parte di rifugiati – si tratta di una crisi che ha sfidato in maniera particolarmente acuta l’Italia e la Grecia.
Ma sia che parliamo di rifugiati o di monaci pellegrini, di senzatetto o di affamati, a tutti noi sono indubbiamente offerte ampie opportunità per esercitare la philoxenía’”. Lo ha affermato questa mattina Marcus Plested, docente della Marquette University di Milwaukee (Stati Uniti), intervenendo al XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa in programma fino a sabato al monastero di Bose. Nella sua relazione, parlando di “xenitéia” – “essere straniero, sentirsi straniero, farsi straniero” – e philoxenía nella tradizione ortodossa, Plested ha notato come questa “chiama tutti noi a essere e a sentirci stranieri, forestieri. Questo può comportare il trasferimento in una terra straniera o in un lontano deserto o su una montagna ma tale spostamento d’ordine fisico non è mai il punto reale o comunque l’unico”. “La ‘xenitéia’ – ha proseguito – può essere vissuta ovunque, ad Atene, sul Monte Athos, a Milano o a Milwaukee. Siamo tutti chiamati a essere stranieri o forestieri là dove siamo, a renderci estranei dai vincoli materiali e ad adottare in ogni occasione la mentalità dello straniero”. Secondo il docente, “non dobbiamo mai essere completamente, interamente su questa terra”, ma è “chiaro che non ci volgeremo a una terra migliore se ignoriamo i bisogni e le miserie di questa terra e, in particolare, i bisogni degli stranieri e dei forestieri che vivono in mezzo a noi”. A proposito di “xenitéia”, Plested ha notato che “il mondo moderno ha favorito la creazione di una dinamica assolutamente negativa di estraniamento” per via di “modelli economici, lavorativi e agricoli” che incoraggiano “la perdita delle radici e a indebolire i vincoli con la famiglia e la terra”. Anche “la connettività del nostro mondo moderno è qualcosa di illusorio: Internet, in particolare, può fare di tutti noi degli stranieri”. “In quanto stranieri noi stessi – ha concluso – potremo ringraziare profondamente per ogni occasione che ci consente di mostrare amore per i nostri compagni stranieri”.