Il dialogo teologico tra le chiese cattolica e ortodossa non avviene solo a livello ufficiale, attraverso il mandato affidato dalle chiese alla Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa, ma anche grazie alla riflessione e agli incontri fraterni di teologi che si sentono impegnati dal vangelo nella ricerca dell’unità.
In questo spirito, al fine di aiutare e affiancare il dialogo teologico ufficiale tra ortodossi e cattolici, che all’inizio degli anni Duemila conosceva uno stallo sul problema dell’uniatismo, nel 2004 è nato il Gruppo di lavoro misto ortodosso-cattolico Sant’Ireneo, per iniziativa dell’Istituto ecumenico Johann Adam Möhler di Paderborn. Un gruppo di teologi cattolici e ortodossi ha deciso d’intraprendere liberamente un percorso di studio per approfondire gli aspetti più problematici che ancora dividono le loro chiese, attraverso un confronto rispettoso di mentalità e modelli di pensiero diversi, in un dialogo che non dissolva ma arricchisca l’identità di ciascun interlocutore.
Un primo frutto di questa ricerca comune è il documento “Servire la comunione. Ripensare il rapporto tra primato e sinodalità”, risultato di diversi anni di lavoro e presentato a Graz il 18 ottobre 2018. Nel corso della presentazione ufficialenel Meerscheinschlössl dell’Università di Graz, sono intervenuti i due copresidenti del Gruppo Sant’Ireneo, il vescovo cattolico Gerhard Feige di Magdeburgo e il metropolita ortodosso romeno Serafim (Joantă) di Germania, Europa centrale e settentrionale, il vescovo di Graz-Seckau Wilhelm Krautwaschl, il vescovo ortodosso serbo Andrej (Ćilerdžić) di Austria e Svizzera e il vice-decano della Facoltà teologica di Graz, Rainer Bucher.
Il Gruppo Sant’Ireneo, che nel 2012 aveva tenuto la sua sessione annuale al monastero di Bose, è formato da tredici membri ortodossi appartenenti a diverse chiese ortodosse (i patriarcati di Costantinopoli, Antiochia, Mosca, Serbia, Romania, Bulgaria, la Chiesa ortodossa di Grecia e la Chiesa ortodossa di America), e tredici membri cattolici di diversi paesi (Argentina, Austria, Germania, Francia, Italia, Libano, Malta, Paesi Bassi, Stati Uniti). I membri del Gruppo Sant’Ireneo non sono stati delegati dalle rispettive chiese, ma sono invitati in base alle loro competenze: non si tratta perciò di una commissione ufficiale di dialogo, ma di un gruppo di lavoro libero, che si riunisce con l’intenzione di promuovere il dialogo ortodosso-cattolico a livello internazionale, in uno spirito di servizio reso alle chiese.
In questo senso, lo studio presentato a Graz tocca uno dei temi di maggiore importanza nel dialogo attuale tra le chiese ortodossa e cattolica: il modo in cui si articolano, in quanto termini correlativi, primato e sinodalità, a tutti i livelli: locale, regionale, universale. È il tema oggetto dei due ultimi documenti della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, quello di Ravenna(“Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità”, 2007), e di Chieti (“Sinodalità e primato durante il primo millennio: verso una comprensione comune al servizio dell’unità della Chiesa”, 2016).
L’importanza del documento del Gruppo Sant’Ireneo sta sia nel metodo sia nei contenuti. Non si tratta tecnicamente di un testo di consenso, ma di uno studio storico e teologico su come, nel corso di due millenni di storia delle chiese, forme di governo sinodali e forme primaziali si sono formate e consolidate, sono state in tensione ma anche in feconda interazione. Una prima novità sta dunque nell’estensione cronologica: lo studio riguarda non solo il primo millennio ma anche il secondo, quando le divisioni e i conflitti tra le chiese non si sono più potuti sanare. Un altro aspetto importante del documento sta nella scelta metodologica di utilizzare una griglia in cui l’approccio ermeneutico, lo studio della storia delle chiese e la riflessione sistematica cercano di essere in costante interrelazione. Che significato hanno nei diversi contesti e nelle diverse tradizioni parole come cattolicità, primato, sinodalità, collegialità, conciliarità? Che cosa significano esattamente i termini “primato d’onore”, “infallibilità”, “giurisdizione universale”? Come l’esperienza conciliare del XX e XXI secolo, sia nella chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II, sia nelle chiese ortodosse con il Concilio di Mosca del 1917-18 e il concilio panortodosso di Creta (2016), ha aperto nuove vie per pensare e praticare l’unità nella chiesa e tra le chiese? Sono questi gli interrogativi che si pone il documento di Graz e a cui cerca di dare una risposta condivisa tra cattolici e ortodossi.
Nella conclusione dello studio, viene sottolineata l’importanza dell’eucarestia come magistero per l’unità: “L’interazione tra colui che presiede e l’assemblea eucaristica costituisce … il fondamento teologico per una rinnovata comprensione del primato e della sinodalità nella Chiesa e dell’autorità che, sia esercitata in modo primaziale o sinodale, deve essere sempre al servizio della comunità. Sia la Scrittura sia la Tradizione attestano la necessità di un ministero primaziale per servire l’unità della Chiesa a vari livelli. Ma attestano anche la necessità della sinodalità a tutti i livelli della vita ecclesiale. La complementarità di questi due principi sarà centrale per una più profonda comprensione teologica della Chiesa che renderà più agevole la riconciliazione tra ortodossi e cattolici” (17.5).
Pur nella consapevolezza “di non essere ancora giunti al punto di formulare raccomandazioni concrete che possano costituire la base per il ripristino della piena comunione”, i membri del Gruppo Sant’Ireneo sono convinti “che il dialogo ortodosso-cattolico sia sulla via dell’unità, e che ancora oggi sia possibile discernere le grandi linee di una Chiesa cattolica e ortodossa pienamente in comunione”. Per questo, naturalmente, non è sufficiente il dialogo e lo studio teologici, ma sono necessari “la buona volontà, il desiderio di cooperare e di lavorare insieme per costruire ponti, non solo tra i teologi accademici, ma anche tra i preti, che si prendono cura della vita ecclesiale quotidiana, e tra tutti i battezzati, che devono trovare la loro propria voce come membra del Corpo di Cristo”.