di: Antonio Dall'Osto
Quale rapporto esiste tra sinodalità e primato nell’esperienza degli ortodossi e in quella dei cattolici? Come trovare un’armonia che apra la strada all’unità?
È il tema su cui ha discusso il “Gruppo misto di lavoro ortodosso-cattolico St. Irenäus”, durante la riunione in Austria, dal 17 al 21 ottobre, su invito della diocesi di Graz-Sechau e dell’università di Graz. L’argomento era appunto Rapporto tra primato e sinodalità.
Del Gruppo St. Irenäus fanno parte 26 teologi, 13 ortodossi e 13 cattolici, di diversi paesi europei, del Medio Oriente e del Nord e Sud America. Il Gruppo è stato fondato nel 2004 a Paderborn, in Germania, e da allora ha tenuto riunioni ad Atene (Grecia), Chevetogne (Belgio), Belgrado (Serbia), San Pietroburgo (Russia), Bose (Italia) Salonicco (Grecia), Rabat (Malta), Chalki (Turchia) Taizé (Francia) e Caraima (Romania).
La riunione di Graz
La riunione di Graz si è tenuta presso la casa di formazione Mariatrost ed è stata guidata dai due co-presidenti del Gruppo, il vescovo Gerhard Feige, di Magdeburgo, per la parte cattolica, e il metropolita romeno Serafim (Joanta), per gli ortodossi.
I partecipanti si sono confrontati a partire da due relazioni, per approfondire il lavoro fin qui compiuto.
La prima relazione è stata tenuta da Nikolaos Loudovikos sul tema Primato cristologico o analogico: l’unità della Chiesa e il primato universale nella Chiesa ortodossa. Loudovikos ha messo in risalto il primato unico di Cristo e il suo rapporto con i concetti ecclesiologici del primato e della conciliarità.
La seconda relazione è stata svolta da Thomas Bremer sul tema Sinodalità nella Chiesa cattolica. Realtà e prospettive. Bremer ha parlato della struttura sinodale nella Chiesa cattolica e ha riflettuto sui possibili effetti dei cambiamenti introdotti di recente da papa Francesco a riguardo del sinodo dei vescovi.
Durante i lavori è stata presa dettagliatamente in esame anche l’attuale crisi dell’ortodossia tra i Patriarcati di Costantinopoli e Mosca riguardante il conflitto in Ucraina. Lo scambio è avvenuto in un clima molto aperto e fraterno.
Si è parlato poi della futura attività del Gruppo di lavoro St. Irenäus decidendo di concentrarsi sui temi dell’unità e dello scisma, di compiere studi su particolari casi e di esaminare diversi modelli di unità e la terminologia pertinente.
Il Gruppo ha anche colto l’occasione per incontrare i colleghi e gli studenti della facoltà teologica e i rappresentanti del foro ecumenico delle Chiese cristiane della Stiria.
Al termine dei lavori è stato pubblicato il documento intitolato Ripensare il rapporto tra primato e sinodalità. È un testo in tre capitoli, con un’introduzione e una conclusione.
Nel primo capitolo vengono proposte alcune riflessioni riguardanti il significato dell’ermeneutica nel dialogo ecumenico; l’ermeneutica del linguaggio teologico, dei dogmi, dei canoni; il significato dei fattori non teologici e l’importanza della storia per la teologia.
Il secondo presenta un excursus storico attraverso i secoli a partire dalle origini fino al 21° secolo.
Nel terzo vengono proposte “considerazioni sistematiche” sul tema koinonia/communio come base dell’ecclesiologia; sull’autorità nella Chiesa a servizio della comunità; sull’interpretazione teologica del primato e della sinodalità; e sul primato e la sinodalità a servizio della comunione.
Oltre un decennio di lavori
Per oltre un decennio, il rapporto tra primato e sinodalità è stato al centro del dialogo teologico tra cattolici e ortodossi. Da quando è stato pubblicato il documento della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica romana Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: comunione ecclesiale, conciliarità e autorità (Ravenna 2007), le discussioni ecclesiologiche tra teologi cattolici e ortodossi ruotano tutte attorno al modo in cui il primato e la sinodalità, come termini correlativi, funzionano a diversi livelli, locale, regionale e universale.
Il documento più recente della Commissione – Sinodalità e primato nel primo millennio. Verso una comune comprensione nel servizio all’unità della Chiesa (Chieti 2016) – ha ripreso in esame questi aspetti, ma si tratta ancora soltanto di un passo verso una comprensione comune della relazione tra primato e sinodalità.
Il problema riguardante il rapporto tra primato e sinodalità non è nuovo. Si è riflettuto su di esso in certa misura negli scambi teologici ed ecclesiologici durante il primo millennio. Nel secondo millennio, il tema primato/sinodalità ha influito sulle discussioni tra teologi orientali e occidentali spesso caratterizzate da polemiche.
Dopo la separazione, i cattolici e gli ortodossi hanno sviluppato diverse forme di esercizio dell’autorità, sia individualmente che collegialmente.
Ciò ha portato ad approcci unilaterali nella dottrina e nella prassi, da entrambe le parti. La relazione tra la comunità dei vescovi e il suo primate, tuttavia, non è statica: i diversi modi di esercitare il primato nella Chiesa cattolica dopo il Vaticano I (1869-70) mostrano che l’idea stessa di primato può essere realizzata in modi diversi, mentre, nella Chiesa ortodossa, la cooperazione tra il primo gerarca e i vescovi locali è lungi dall’essere omogenea.
Inoltre, il dialogo tra le nostre Chiese si è finora focalizzato sul primato e sulla sinodalità come categorie utilizzate principalmente per la gerarchia ecclesiastica. Tuttavia è anche d’obbligo riflettere su di esse all’interno della struttura più ampia del popolo di Dio e dei suoi molteplici carismi.
Un ripensamento del rapporto tra primato e sinodalità non è quindi solo un compito che riguarda il dialogo ortodosso-cattolico, ma anche una sfida per i dibattiti interni della Chiesa, come hanno mostrato i Sinodi dei vescovi cattolici a Roma (2015 e 2016) e il Concilio ortodosso a Creta (2016).
Tenendo presente questo contesto, il Gruppo Irenäus presenta questo studio, nella speranza che possa imprimere nuovi impulsi per un ripensamento del rapporto tra primato e sinodalità.
Quale prospettiva per il futuro?
Il documento finale afferma che i membri del Gruppo Irenäus sono consapevoli di non aver ancora raggiunto un punto tale da poter formulare raccomandazioni precise che possano costituire una base per il ripristino della piena comunione. Tuttavia, credono che il dialogo ortodosso-cattolico sia sulla via dell’unità, e già ora è possibile discernere le linee ampie di una Chiesa cattolica e ortodossa pienamente unita.
È loro convinzione che qualsiasi visione per il futuro dovrebbe elaborare un modello sfumato di comunione, tenendo conto che la realizzazione di questo modello dovrà essere graduale.
Il movimento verso la riconciliazione tra cattolici e ortodossi non implica necessariamente la soluzione immediata di tutte le questioni in sospeso, ma presenta un quadro condiviso di approcci verso questo obiettivo.
Il Gruppo Irenäus è inoltre consapevole che definire il ruolo preciso del vescovo di Roma all’interno di una comunione ristabilita tra le nostre Chiese sarà l’aspetto più impegnativo di questo processo. I membri del Gruppo sono convinti che il vescovo di Roma può e deve svolgere un ruolo maggiore nell’esprimere l’unità dei cristiani nel mondo di oggi. A questo scopo occorre elaborare una nuova definizione del rapporto tra la Chiesa di Roma e le Chiese orientali secondo una modalità che sia fedele alla tradizione della Chiesa indivisa e accettabile sia per i cattolici sia per gli ortodossi. Questo richiede una rilettura della dottrina del concilio Vaticano I.
A questo proposito, occorrerà una distinzione tra la pratica del primato che si è sviluppata in particolari circostanze storiche e la natura stessa del primato. Si deve trovare un modo per superare certe posizioni del passato e integrare gli elementi essenziali che sono stati conservati in entrambe le tradizioni in una comune comprensione del primato.
Sarebbe anche particolarmente fruttuoso esaminare di nuovo il rapporto tra la Chiesa di Roma e le Chiese d’Oriente durante il primo millennio, specialmente nel periodo precedente il primo Concilio di Nicea del 325 e, in particolare, il rapporto definito nelle disposizioni del Concilio di Sardica nel 343. Questo ha stabilito una forma di diritto papale d’appello secondo cui le controversie tra le Chiese potevano fare riferimento a Roma, la quale poi prevedeva l’arbitrato di un altro tribunale a cui il vescovo di Roma poteva inviare dei delegati.
Mentre il nostro lavoro finora si è concentrato principalmente su un esame congiunto dei fattori storici che hanno portato le nostre Chiese alla situazione presente – dichiara il Gruppo – siamo consapevoli che questo lavoro storico, per quanto necessario e importante, non fornisce tutte le risposte per il futuro.
La nostra analisi dimostra chiaramente fino a che punto gli sviluppi strutturali nelle nostre Chiese sono stati condizionati da una varietà di fattori – teologici, storici e sociologici.
Le sfide affrontate dalle Chiese oggi non sono le stesse di quelle del primo millennio – o anche del 19° secolo. Ci rendiamo conto, perciò, che il semplice volgersi al passato non è una soluzione, né per gli ortodossi né per i cattolici.
Insieme, affermiamo di aver molto da imparare gli uni dagli altri circa le questioni del primato e della sinodalità.
La Chiesa cattolica è riuscita a conservare un primato fortemente funzionante, anche se alcune sue espressioni sono viste come problematiche dagli ortodossi.
Gli ortodossi, da parte loro, sono stati in grado di preservare in gran parte robuste strutture sinodali a livello locale, regionale e, più recentemente, sul piano globale, anche se a volte queste situazioni non tranquillizzano sempre i cattolici. In questo modo, ognuna delle parti mostra sia punti di forza sia punti deboli.
Mentre cerchiamo l’unità della Chiesa, diventa sempre più chiaro che è necessaria una soluzione comune, accettabile per entrambe le Chiese, basata sui punti di forza di entrambe le parti. Questa soluzione non solo dev’essere reciprocamente accettabile, ma deve anche rispondere ai bisogni del XXI secolo, un’epoca di comunicazione istantanea che richiede trasparenza e affidabilità. Ciò implica, tra l’altro, che antichi modelli imperiali o feudali non possano più avere luogo. Soprattutto, però, questo richiede buona volontà, desiderio di cooperare e di lavorare insieme nel costruire ponti – non solo tra i teologi accademici, ma anche tra i sacerdoti, che hanno cura della vita quotidiana della Chiesa, come pure fra tutti i battezzati, che devono avere la loro voce come membra del Corpo di Cristo. Ciò vale soprattutto per i vescovi, che presiedono alla vita delle nostre Chiese e che quindi sono responsabili dell’attuazione e della realizzazione dell’unità auspicata.
Il Gruppo Irenäus sostiene quindi la necessità di una serie di passi intermedi che possono essere compiuti anche prima del ripristino della piena comunione, compresi i vescovi di entrambe le Chiese che si incontrano regolarmente.
Come membri del Gruppo misto di lavoro ortodosso-cattolico di St. Irenäus – conclude il documento – ci impegniamo a proseguire lo studio di questi problemi nella speranza di offrire un contributo significativo al processo di riconciliazione tra le Chiese cattolica e ortodossa. Questo è attualmente promosso da una serie di iniziative e, soprattutto, dal dialogo ufficiale. Noi siamo pienamente consapevoli che un tale processo può avere successo solo se lo scambio reciproco non sarà limitato ai teologi, ma se coinvolgerà anche i fedeli di entrambe le parti.
Il prossimo incontro del Gruppo misto avrà luogo nell’ottobre 2019, e si terrà a Trebinje, su invito della diocesi serbo-ortodossa di Zahum nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.
source settimananews