Arcidiocesi di Bari-Bitonto
San Nicola di Mira e lo stato attuale delle relazioni ortodosso-cattoliche
Lectio
Doctoralis di S. Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk,
Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di
Mosca, in occasione del Diploma di Laurea ad Honorem in Sacra Teologia a
lui conferito lunedì 18 dicembre 2017, presso l'Aula Magna "Enrico
Nicodemo" dell'Istituto di Teologia Ecumenico-Patristica "San Nicola" di
Bari
Eccellenza Reverendissima, Reverendi padri, cari amici,
è per me una grande gioia ritornare a
Bari in occasione della festa del grande San Nicola, arcivescovo di
Mira, le cui sante reliquie sono conservate in questa città già da
novecentotrent’anni. Ed è per me un onore del tutto particolare ricevere
qui, nelle vicinanze immediate della tomba di questo grande santo, la laurea ad honorem
in Sacra teologia, conferitami dalla Facoltà teologica pugliese.
Desidero esprimere la mia riconoscenza a Monsignor Francesco Cacucci,
arcivescovo di Bari-Bitonto, gran cancelliere della Facoltà teologica,
per l’onore accordatomi e la fraterna ospitalità.
Il fatto che la prima laurea honoris causa
di questa stimata scuola teologica venga attribuita a un vescovo della
Chiesa ortodossa russa mi sembra un fatto di alto significato simbolico.
Tutti conoscono i profondi vincoli che legano Bari alla Chiesa russa,
tutti sanno quante migliaia di fedeli della nostra Chiesa ogni anno
vengono in pellegrinaggio a Bari per venerare le reliquie di San Nicola.
Ma quest’anno nella storia delle relazioni tra la Russia e Bari, e tra
la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, c’è stato un evento senza
precedenti: per la prima volta nella storia, nel maggio-luglio di
quest’anno, un frammento delle reliquie di San Nicola, che non avevano
mai lasciato Bari prima di questa data, è stato portato a Mosca e San
Pietroburgo.
Monsignor Francesco Cacucci e padre Ciro
Capotosto, priore del Convento domenicano San Nicola, che hanno
accompagnato la reliquia in Russia, hanno potuto constatare di persona
la sorprendente quantità di fedeli che sono accorsi a venerarla, facendo
la fila per molte ore. Basti dire che nei due mesi in cui la reliquia
si è trovata in Russia, essa è stata venerata da circa due milioni e
mezzo di persone, provenienti non solo da varie regioni della Russia, ma
anche dall’Ucraina, Belorussia, Moldavia e altri Paesi. Molte altre
persone avrebbero voluto venire a venerare il santo. Circa
quattordicimila volontari hanno assistito e sostenuto i pellegrini in
attesa, le autorità cittadine di Mosca e San Pietroburgo hanno aiutato a
organizzare l’accesso alle reliquie, assicurando il mantenimento
dell’ordine. Possiamo dire con certezza che la venuta delle reliquie di
san Nicola in Russia è stato il primo avvenimento della storia dei
rapporti tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa cattolica a essere
largamente conosciuto, in cui sono stati coinvolti i più diversi settori
della nostra società.
A sua volta, la venuta delle reliquie di
san Nicola in Russia è stata resa possibile da un altro evento storico
senza precedenti nei rapporti tra le due Chiese, cioè l’incontro tra il
Patriarca Kirill e Papa Francesco a L’Avana il dodici febbraio duemila
sedici. Come ha detto Sua Santità il Patriarca Kirill nella sua omelia
durante la divina liturgia, celebrata a San Pietroburgo il ventotto
luglio, alla presenza della delegazione della Chiesa cattolica guidata
dal Cardinal Kurt Koch, la venuta della reliquie di san Nicola ha
favorito il riavvicinamento tra le nostre Chiese più di tutta la
diplomazia ecclesiastica, perché a questo avvenimento ha partecipato la
Chiesa tutta intera, e tutto il Paese ha saputo che questo evento è
stato possibile grazie agli accordi raggiunti nell’incontro a L’Avana.
Colgo l’occasione per esprimere ancora
una volta la cordiale riconoscenza del Patriarca Kirill e di tutta la
Chiesa ortodossa russa a Sua Santità il Papa Francesco e all’arcivescovo
Francesco Cacucci, per aver offerto a milioni di fedeli ortodossi
questa possibilità di venerare la reliquia.
Riflettendo ora, a distanza di qualche
tempo, su questi due avvenimenti, non si può non vedere il profondo
legame spirituale che li lega. Non a caso il Papa e il Patriarca nella
loro Dichiarazione comune hanno sottolineato la comune tradizione
spirituale delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, una delle cui
espressioni più significative è la venerazione dei santi: “Condividiamo
la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I
testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la
Vergine Maria, e i Santi che veneriamo” (punto quattro della
Dichiarazione). La più eloquente conferma di queste parole dei Primati
della Chiesa ortodossa russa e cattolica romana è stata la benedetta
visita che ha reso alla Russia il santo più venerato dai fedeli
ortodossi, le cui spoglie riposano nell’Occidente cattolico.
La venerazione di san Nicola ha giocato
un ruolo essenziale nei rapporti tra la Russia antica e Roma durante il
Medioevo. Tale venerazione è giunta in Russia da Bisanzio col battesimo,
ma alla fine dell’undicesimo secolo ha avuto una grande diffusione per
via della traslazione delle reliquie del santo da Mira della Licia a
Bari. L’autore russo antico del racconto del “Miracolo del bambino” per
la prima volta fa menzione della festa della traslazione delle reliquie
il nove maggio e aggiunge: “Vieni in Russia e vedrai che non c’è città,
né villaggio, in cui non si moltiplichino i miracoli compiuti da san
Nicola”.
Secondo le testimonianze delle cronache,
a cavallo tra gli anni milleottanta e millenovanta vi è stato un
frequente scambio di legazioni tra Kiev e Roma. Il Papa Urbano secondo
(anni del pontificato: milleottantotto-millenovantanove), che fece
installare le reliquie del santo nella cripta della basilica e istituì
la festa della Traslazione delle reliquie a Bari, ha compiuto vari
sforzi in favore del superamento dello scisma del mille e
cinquantaquattro tra la Chiesa d’Occidente e d’Oriente. Nel
millenovanta, avendo notato da parte dei greci un rallentamento del
processo di rappacificazione tra le Chiese, il Papa decise di agire
attraverso la metropolia di Kiev, che costituiva all’epoca una parte
importante del Patriarcato di Costantinopoli. Nel millenovantuno il Papa
inviò a Kiev una delegazione che portò non solo la conferma del
desiderio di Roma di ristabilire la pace, ma anche una reliquia di gran
valore: una parcella delle reliquie di san Nicola. Il metropolita Efrem
secondo, che all’epoca era probabilmente locum tenens della
cattedra episcopale di Kiev, si dedicò attivamente al riavvicinamento
tra greci e latini, e istituì nella Chiesa russa la festa occidentale
della Traslazione delle reliquie di san Nicola a Bari, festa che, come
si sa, non conoscono le Chiese ortodosse di tradizione greca. Ciò
avvenne attorno all’anno mille e novantadue, cioè solo tre anni dopo
l’istituzione della festa da parte di Papa Urbano secondo. A questa
stessa data risale la redazione del testo della letteratura russa antica
“Racconto della Traslazione delle reliquie di san Nicola a Bari” e la
composizione dell’ufficiatura liturgica del santo per il nove maggio, in
cui si fa memoria dei miracoli attribuiti al santo in Russia.
L’idea della riunione della cristianità
di fronte alle invasioni dei pagani, che alla fine dell’unidcesimo
secolo stavano sopraffacendo l’impero bizantino e i confini orientali
dell’Europa, era condivisa dal granprincipe Vsevolod Jaroslavitch
(milletrenta-mille novantatre), che difendeva i confini del mondo
cristiano dalle popolazioni nomadi, e dal metropolita Efrem secondo, che
per lungo tempo aveva amministrato la diocesi di Perejaslavl lungo tale
confine. Entrambi essi consideravano i marinai baresi, che avevano
portato via le reliquie di san Nicola dall’Asia Minore al tempo delle
invasioni dei turchi-selgiuchidi, autentici salvatori di dette reliquie,
e l’istituzione in Russia della festa della Traslazione delle reliquie
del santo significò una sorta di atto di solidarietà nell’opposizione
comune agli invasori. Gli storici ritengono che di tale atto sia stata
informata Roma, dove fu inviata una legazione, la quale a sua volta poté
portare in dono le reliquie di qualche santo russo. Con tutta
probabilità, un rappresentante della Chiesa russa partecipò a Bari, nel
mille e novantotto, al Concilio che Papa Urbano secondo convocò allo
scopo di ristabilire la pace tra Occidente e Oriente, e che si svolse
nella cripta della basilica accanto alle reliquie di san Nicola.
Purtroppo l’unità tra i cristiani
d’Oriente e d’Occidente, cui aspiravano molti rappresentanti delle
nostre Chiese, per diverse ragioni ancor oggi non è stata raggiunta.
Tuttavia le circostanze storiche in cui i cristiani si ritrovano oggi, e
le sfide cui si confronta l’intera umanità, ci spingono, pur senza
aspettare la piena ricomposizione della comunione tra noi, a vivere ed
agire in questo mondo non come concorrenti, ma come fratelli, per
difendere insieme i valori che ci sono comuni. L’incontro a L’Avana dei
Primati delle due più grandi Chiese cristiane ha testimoniato la
coscienza di entrambe le parti che la situazione odierna del mondo esige
che agiamo senza perder tempo.
Oggi che i cristiani in Medio Oriente,
nel nord Africa e in altre regioni del mondo, sono vittime di
persecuzioni e genocidio, occorre che tutti i cristiani del mondo si
uniscano nell’opporsi all’estremismo e nel difendere i nostri fratelli e
le nostre sorelle perseguitati. Nell’incontro tra Papa Francesco e il
Patriarca Kirill, e nella dichiarazione da loro sottoscritta, uno spazio
centrale è stato dedicato alla tragedia dei cristiani in Medio Oriente e
nei paesi africani. Dalle labbra del Papa e del Patriarca di Mosca e
tutta la Rus’ è risuonato un chiaro appello a unire gli sforzi per
opporsi all’estremismo, un richiamo ai leader politici a superare le
divergenze e mobilitarsi nella lotta contro la minaccia comune.
Il testo della Dichiarazione comune dei
due Primati, parlando del significato della venerazione comune dei santi
per il ristabilimento dell’unità tra ortodossi e cattolici, si
riferisce in particolare ai martiri, i quali “hanno testimoniato la loro
fedeltà a Cristo e sono diventati seme di cristiani” (punto
quattro). Il Papa e il Patriarca non a caso stabiliscono un parallelo
tra il martirio dei primi secoli e le sofferenze dei cristiani nel Medio
Oriente. I maritiri dei nostri giorni “a costo della propria vita,
testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di
Cristo”. Uniti dalla comune sofferenza, essi “sono un pegno dell’unità
dei cristiani” (punto dodici), poiché nella loro comune professione
della fede cristiana dinanzi alla morte essi superano già oggi le
divisioni esistenti.
I martiri cristiani del passato e del
presente ci uniscono nello sforzo di preservare la presenza cristiana in
terra biblica e di sostenere i nostri fratelli nella fede sofferenti.
Un passo concreto per lo sviluppo della cooperazione interecclesiale e
il sostegno alla popolazione cristiana del Medio Oriente è stata la
visita in Libano e Siria compiuta, il sei e sette aprile del
duemilasedici, da un gruppo di rappresentanti della Chiesa ortodossa
russa e della Chiesa cattolica. Le consultazioni con le confessioni
religiose locali, compiute durante la visita, devono costituire la base
per elaborare ulteriori progetti comuni a sostegno dei fratelli e delle
sorelle in difficoltà. E’ stato designato un certo numero di questioni
di primaria importanza, che devono essere affrontate al fine di
raggiungere l'obiettivo globale di preservare la presenza cristiana
nella regione. Dopo la completa liberazione della Siria dai combattenti,
che speriamo possa avvenire nell’immediato futuro, sarà necessario
ricostruire chiese e monasteri, che sono i centri tradizionali di
consolidamento delle comunità cristiane; occorrerà assicurare alla
popolazione, soprattutto ai giovani, il lavoro, ricreare le
infrastrutture economiche tradizionali della Siria. In queste questioni,
i siriani si aspettano un'assistenza su vasta scala da parte della
comunità internazionale, non appena la guerra nel paese cesserà del
tutto.
Nel marzo del duemiladiciassette la
Commissione per la collaborazione internazionale del Consiglio per la
cooperazione con le organizzazioni religiose presso la Presidenza della
Federazione Russa ha istituito un gruppo di lavoro per la coordinazione
delle attività delle diverse comunità religiose operanti in Russia, in
favore dell’aiuto alla popolazione siriana. Le comunità cristiane e
musulmane in Russia, tra cui la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa
cattolica romana, hanno unito i loro sforzi per raccogliere fondi per la
popolazione sofferente della Siria.
Dal venti al ventiquattro agosto, il
Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, è
stato in visita ufficiale in Russia. Durante gli incontri, abbiamo
potuto avere uno scambio di opinioni sui problemi più urgenti del nostro
tempo. Innanzitutto sono state toccate le questioni riguardanti la
situazione dei cristiani in Medio Oriente e la situazione in Ucraina.
Gli incontri hanno mostrato che le posizioni della Chiesa ortodossa
russa e della Santa Sede sono molto vicine. Abbiamo convenuto che
eventuali cambiamenti politici nella leadership della Siria saranno
possibili solo dopo la liquidazione dei gruppi terroristici del paese.
Abbiamo sottolineato l'importanza di sviluppare la cooperazione tra le
due Chiese nell'assistenza umanitaria alla popolazione sofferente della
Siria.
Il nostro lavoro comune per proteggere i
cristiani dalla persecuzione ha ottenuto ampia risonanza in tutto il
mondo e ha permesso di raggiungere un livello senza precedenti di
attenzione al problema della persecuzione. Tuttavia, la minaccia
dell'estremismo e del terrorismo è ancora molto alta, i cristiani
continuano a lasciare le loro terre, i terroristi compiono ancora
attacchi contro i copti in Egitto, e in Nigeria e in altri paesi
africani continuano i massacri di cristiani. Ritengo che occorra che
continuiamo ad alzare la voce in difesa dei cristiani, a sviluppare
progetti comuni e testimoniare il martirio dei nostri fratelli
perseguitati.
Un posto importante nelle nostre
relazioni bilaterali è occupato dal conflitto in corso in Ucraina. La
Dichiarazione congiunta firmata a L'Avana esorta “le nostre Chiese in
Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal
partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del
conflitto” (punto ventisei).
Siamo grati alla Santa Sede per la sua
posizione di grande equilibrio riguardo al conflitto in corso in
Ucraina. Sfortunatamente, lo scontro pubblico in Ucraina, che è stato
menzionato nella Dichiarazione congiunta dello scorso anno, non è
terminato, il che ha anche un effetto negativo sulle relazioni
interconfessionali. La Chiesa ortodossa ucraina, non volendo sostenere
nessuna delle parti in conflitto, è come presa in ostaggio dallo scontro
nel paese. Una grandissima pressione politica e amministrativa viene
esercitata su di essa, i luoghi di culto le vengono sottratti, la nostra
Chiesa è fatta bersaglio di una potente campagna di diffamazione.
Un importante prerequisito per giungere
al consenso e alla fiducia tra le confessioni in Ucraina è stata la
dichiarazione che l’uniatismo non è un mezzo adatto al raggiungimento
dell'unità tra le Chiese, e che il proselitismo, in qualsiasi sua
manifestazione, è inaccettabile nelle relazioni ortodosso-cattoliche:
“Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come
unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un
modo che permette di ristabilire l’unità” (punto venticinque della
Dichiarazione comune). Per la prima volta nella storia, una tale
valutazione dell'uniatismo e del proselitismo è stata espressa non solo
da parte ortodossa, ma anche dal capo della Chiesa cattolica romana.
Questa è una condizione indispensabile per la riconciliazione tra
ortodossi e greco-cattolici, senza la quale, in definitiva, sarà
impossibile anche raggiungere la riconciliazione civile in Ucraina. E
sebbene la leadership della Chiesa greco-cattolica ucraina abbia
percepito in modo negativo le affermazioni della Dichiarazione congiunta
riguardanti l'Ucraina, stiamo operando degli sforzi per fare in modo
che la presa di coscienza della comune responsabilità per la pace
interreligiosa e civile nella società ucraina possa servire a un
fruttuoso sviluppo del dialogo tra le Chiese.
Durante l'incontro tra il Papa e il
Patriarca sono stati pianificati numerosi progetti che serviranno a un
riavvicinamento tra i credenti delle Chiese ortodossa e cattolica e alla
loro crescita spirituale personale. Come ci ha mostrato l'esperienza
della venuta delle reliquie di San Nicola in Russia, una grande
importanza per le nostre relazioni bilaterali è il pellegrinaggio ai
santuari comuni. Ad esempio, un enorme flusso di pellegrini ortodossi
viene regolarmente a venerare reliquie custodite dalla Chiesa cattolica,
e pellegrini provenienti dai paesi cattolici si recano ai santuari
ortodossi. Possiamo intensificare questi due flussi, per far in modo che
i fedeli che visitano i santuari dell'altra Chiesa possano incontrarsi e
conoscersi meglio. L'incontro a L'Avana ha suscitato nell'ambiente
cattolico grande interesse nei confronti della Chiesa ortodossa russa,
della sua ricca storia, delle sue tradizioni spirituali e del suo
risveglio dopo decenni di persecuzioni.
San Nicola il Taumaturgo è venerato come
patrono dei viaggiatori. Il dialogo e la cooperazione tra le nostre
chiese possono essere metaforicamente paragonati al difficile, ma
benedetto cammino verso l'unità che dobbiamo percorrere insieme. Che la
benedizione di questo grande santo di Dio, e la sua intercessione
davanti al trono dell’Altissimo, ci sostengano in questo cammino.
Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk