Πέμπτη 26 Μαΐου 2016

IL SANTO E GRANDE CONCILIO PANORTODOSSO COME IL VATICANO II PER I CATTOLICI. DAL "BISOGNA AVER DUE POLMONI, CIOE QUELLO ORIENTALE E QUELLO OCCIDENTALE” DI GIOVANNI PAOLO II ALL'INCONTRO FRANCESCO-KIRILL A LA HABANA

oriente cristianoChe 14 Chiese ortodosse autocefale europee - le più importanti per numero di fedeli (oltre 220 milioni, più del 70% in Europa) - dopo 1229 anni (Secondo Concilio di Nicea) e numerose difficoltà, divisioni e diffidenze, s'incontrino per dare vita ad un "Santo e Grande Concilio Panortodosso" è un evento storico che ha anche un'enorme rilevanza per altre confessioni cristiane, in particolare per i cattolici e per i protestanti.

L'idea di un Concilio Panortosso venne lanciata a Rodi nel lontano 1961 dal Patriarca Atenagora ma le conferenze pre-sinodali cominciarono solo nel 1976. La certezza del Concilio arrivò pero poche settimane fa, il 20 marzo, con la pubblicazione dell'Enciclica del Patriarca Bartolomeo nel quale si sottolinea "l'Ortodossia è la Chiesa della sinodalità" e perciò la via maestra del discernimento. “Senza decisione sinodale il discernimento tra ortodossia ed eresia non è possibile. Tutti i dogmi della Chiesa e i suoi sacri canoni recano il sigillo della sinodalità", scrive Bartolomeo. Al contempo il Patriarca Ecumenico sottolinea un secondo elmento centrale: “I tempi sono critici e l’unità della Chiesa deve costituire l’esempio dell’unità per l’umanità dilaniata da divisioni e conflitti”.

Documenti allo studio che saranno votati

Si fa presto a capire l'importanza del Concilio per il mondo cristiano ortodosso e non.  Basta elencare i titoli, e dunque i temi, dei 6 Documenti che saranno studiati e votati: (1) La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo; (2) La diaspora ortodossa; (3)  L’autonomia [delle singole chiese ortodosse locali] e la modalità della sua proclamazione; (4) Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti; (5) L’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi; (6) Relazioni della Chiesa Ortodossa con tutto il restante mondo cristiano.
Altri tre temi nel corso delle fasi preparatorie sono stati depennati dall'agenda e quindi non saranno discussi: L’ “autocefalia” e la sua proclamazione (cioè il modo in cui una chiesa può essere dichiarata indipendente rispetto alle altre); I “dittici” (cioè la sequenza ufficiale delle chiese ortodosse secondo il grado di dignità) e La questione del calendario comune (cioè la soluzione della disparità tra uso del calendario giuliano e calendario gregoriano). Anche l'assenza di questi argomenti parla chiaro sulle difficoltà intraortodosse nonché sul dialogo ecumenico, a dimostrazione del cammino che c'è da fare con tenacia e fatica.
Ci sarà al termie un "Messaggio finale" redatto da una Commissione speciale.
Presidenza, lavoro, discussioni, voti e Osservatori
Secondo il Regolamento del Concilio, approvato dalla sinassi del gennaio 2016, l'assise sarà presieduta dal Patriarca Ecumenico. Saranno rappresentate le 14 Chiese ortodosse autocefale e ciascuna avrà una delegazione di 24 vescovi, i quali  potranno però essere aiutati da sei consultori e da tre assistenti. I Delegati saranno dunque 336; i consultori 84 e gli assistenti 44. In totale 464 presenze.
I dibattiti (Plenaria e Commissioni) dovranno centrarsi severamente sui sei documenti pubblicati. Le decisioni finali saranno prese all’unanimità, quindi saranno indispensabili i 14 voti delle Chiese presenti.
Tutte le altre Chiese e confessioni cristiane non-ortodosse e le istituzioni ecumeniche riconosciute, invitate ufficialmente, potranno essere presenti con un Osservatore nelle sedute di apertura e di chiusura, insieme ai giornaisti accreditati. La Chiesa Cattolica potrà essere presente in questi momenti con due Osservatori.

In questi mesi, oltre al dinamismo e alla creatività del dibattito ortodosso all'interno della Chiese, Enzo Bianchi ricorda che «non sono mancate le tensioni e le reazioni negative: non solo frange conservatrici presenti in quasi tutte le chiese ortodosse hanno criticato ripetutamente le “aperture” e le “novità” presenti nei documenti sulle relazioni della chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano e sulla missione della chiesa nel mondo contemporaneo, ma si sono registrate anche prese di posizione negative dei sinodi di intere chiese, come quella della Chiesa ortodossa di Georgia che, dopo aver rifiutato assieme al Patriarcato di Antiochia di approvare il documento relativo al sacramento del matrimonio, ha successivamente ritirato la sua approvazione anche per il documento relativo alle relazioni ecumeniche. Né si può dimenticare il disagio causato dalla rottura della comunione, che perdura nonostante i tentativi di ricomposizione, tra il patriarcato di Gerusalemme e il patriarcato di Antiochia a motivo della giurisdizione canonica in Qatar».
Per gli Ortodossi è un momento simile a quello vissuto dai cattolici con il Concilio Vaticano Ecumenico II
Da più parti, studiosi e analisti autorevoli, sono concordi nel medesimo giudizio: per l'Ortodossia il Concilio Panortodosso sarà importante come lo è stato il Concilio Ecumenico Vaticano II per i cattolici, oltre 50 anni fa. Molti temi, infatti, riecheggiano quelli studiati dal Concilio Vaticano II e non sembra azzardato immaginare che saranno testi fondamentali, autorevoli e unitari, che in qualche modo si potranno leggere come dialogo tra le due assise, seppure separate da oltre mezzo secolo. Basterebbe pensare all'importanza di temi come il dialogo ecumenico e la delicata questione del rapporto fra l'Ortodossia e le altre grandi religioni nonché le sfide e le priorità del mondo contemporaneo. 
I due polmoni
Va sempre ricordato che le Chiese ortodosse sono la principale tradizione religiosa e culturale delle nazioni e dei popoli dell'Europa centrorientale che - come diceva s. Giovanni Paolo II citando Vjaceslav Ivanov, poeta, filosofo e filologo russo - sono l'altro polmone del cristianesimo. Il 31 maggio 1980, Papa Wojtyla sottolineò, ricordando la sua visita fraterna al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli: “Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale”. Si tratta di un'immagine che rende diretto e tangibile il perché per i cristiani non-ortodossi ciò che si discuterà e deciderà a Creta è fondamentale e potrebbe essere anche decisivo per i rapporti all'interno del mondo cristiano.
La Habana: Francesco e Kirill
Creta quindi non si limiterà a essere solo un Concilio - lungamente atteso e di grande importanza -  delle chiese ortodosse. Sarà un nuovo passo per un'auspicabile, ulteriore - e forse non troppo lontana - riconciliazione delle confessioni cristiane. Un nuovo passo che ora può poggiare anche sulle fondamenta di quanto è avvenuto il 12 febbraio scorso a La Habana: l'incontro  tra Francesco, Vescovo di Roma, Papa della Chiesa Cattolica e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia. La presenza di espoenti non ortodossi (osservatori fraterni) a Creta sembra proprio essere la conferma di questi segnali; non semplici atti formali tra diverse confessioni cristiane ma veri e propri ponti gettati in occasione di un evento storico, dove, come direbbe Papa Francesco, già "l'incontro è un messaggio".
Siamo divisi da vecchie e nuove ferite
In quell'incontro a Cuba del febbraio scorso, che già in se stesso contiene tutto il suo grande significato, si firmò una Dichiarazione Comune che certamente farà sentire la sua eco nel Concilio Panortodosso; dichiarazione che si apre con parole forti. "Sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15). Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati “seme di cristiani”. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21)."
Pregare per la desiderata unità
Più avanti la Dichiarazione precisa:
"Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!"
Concorde testimonianza alla verità
Il documento al punto 7 sottolinea:
"Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.
Cristiani e dialogo interreligioso
Infine, il punto 13 allarga lo sguardo comune con queste parole: "In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33)."