Il Concilio panortodosso, più correttamente chiamato il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa vedrà
la partecipazione di vescovi da parte di tutte le chiese autocefale
canoniche che compongono attualmente la Chiesa Ortodossa
e precisamente: Patriarcato di Costantinopoli, Patriarcato d
i
Alessandria, Patriarcato di Antiochia, Patriarcato di Gerusalemme,
Patriarcato di Mosca, Patriarcato di Georgia, Patriarcato di Serbia,
Patriarcato di Romania, Patriarcato di Bulgaria, Chiesa di Cipro, Chiesa
di Grecia, Chiesa di Polonia, Chiesa di Albania, Chiesa delle terre
Ceche e di Slovacchia.e precisamente: Patriarcato di Costantinopoli, Patriarcato d
Dopo alcuni decenni di preliminari e di auspicii, maturati nel corso
di assemblee e di convegni panortodossi, la preparazione del concilio fu
ufficialmente avviata nel 1961, per volontà dell’allora patriarca
ecumenico Athenagoras: in quell’anno fu convocata la prima conferenza
panortodossa di Rodi, che elaborò una prima lista di temi che il sinodo
avrebbe dovuto discutere. Questi comprendevano fin dall’inizio le
relazioni tra le varie chiese ortodosse, con gli spinosi problemi della
giurisdizione al di là dei tradizionali territori canonici di
pertinenza, i rapporti con le chiese non ortodosse, l’aggiornamento di
alcuni aspetti della vita della chiesa e più in generale il ruolo della
chiesa nel mondo contemporaneo.
La convocazione del concilio panortodosso è affidata al Patriarcato
ecumenico, in quanto chiesa che gode di uno statuto primaziale di onore
(primus inter pares) e svolge un ministero di comunione tra le varie
chiese ortodosse; dallo stesso patriarcato è stata assunta anche la
gestione della preparazione e del coordinamento dei lavori. A questo
scopo la sede del segretariato per la preparazione del concilio è stata
stabilita a Chambésy (Ginevra). Qui sono state organizzate a partire dal
1976 le conferenze pre-sinodali e le riunioni della commissione
preparatoria inter-ortodossa, che hanno discusso, elaborato e varie
volte modificato i documenti relativi ai temi sinodali stabiliti.
Il fatto che il Santo e Grande Sinodo sia la prima convocazione
conciliare panortodossa dopo secoli, o meglio dopo più di un millennio
(dal Concilio di Nicea II del 787) ovviamente non poteva non sollevare
numerosi problemi di comprensione reciproca, di visione comune, di
coordinamento, con tensioni irrisolte tra le varie anime
dell’ortodossia. Nonostante le difficoltà crescenti, che hanno rischiato
più volte di far arenare il progetto conciliare, è andata tuttavia
aumentando negli anni, da parte delle menti più illuminate
dell’ortodossia, la consapevolezza della necessità improrogabile di
questo evento, per dare una testimonianza credibile di unità e comunione
di fronte al mondo contemporaneo.
Così, ad esempio, si esprimevano Olivier Clément e Paul Evdokimov in
un “Appello alla Chiesa” pubblicato nel 1971: “Oggi ogni grande evento è
un evento per tutti gli uomini. La chiesa diventa un ‘piccolo gregge’,
ma l’atteggiamento degli uomini nei suoi confronti è ambivalente: la
disprezzano, ma attendono anche da essa gesti e parole in cui si esprima
il Senso … Se dunque l’Ortodossia si raduna in concilio, il mondo
intero volgerà gli occhi verso di essa in attesa di una parola di vita,
di una parola essenziale rivolta a tutti”.
Dopo vari decenni di stallo, nonostante l’entusiasmo, l’impegno e la
convinzione dei patriarchi ecumenici Athenagoras e Dimitrios, i lavori
di preparazione hanno subito un’accelerazione solo negli ultimi anni del
patriarcato di Bartholomeos, soprattutto grazie all’istituzione di una
nuova forma di consultazione panortodossa, la Sinassi dei primati delle
chiese ortodosse autocefale. La convocazione di tali riunioni
straordinarie (iniziate nel 1992) è stata un’iniziativa dello stesso
patriarca, al fine di giungere alla sintonizzazione tra le chiese
ortodosse su temi di attualità o di particolare interesse
interecclesiale attraverso un incontro personale e ravvicinato al
massimo livello della gerarchia ecclesiastica.
Ciò di fatto ha permesso di sbloccare la situazione di
immobilismo: la sinassi del 2014 ha infatti annunciato formalmente la
convocazione del concilio per la Pentecoste del 2016 e all’inizio
dell’anno corrente, tra il 21 e il 28 gennaio una nuova sinassi riunita a
Chambésy, ha confermato la stessa decisione (modificando unicamente il
luogo della convocazione: non più Istanbul, secondo il progetto
originario, ma Chanià, sull’isola di Creta, presso l’Accademia teologica
di Creta, situata sotto la giurisdizione del Patriarcato ecumenico);
nella stessa occasione sono stati ufficialmente pubblicati i sei
documenti che saranno sottoposti all’approvazione del concilio (la
pubblicazione previa intende sensibilizzare l’intero corpo ecclesiale,
aprendo la possibilità di discussioni e di proposte di ulteriori
modifiche):
- La missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo;
- La diaspora ortodossa;
- L’autonomia [delle singole chiese ortodosse locali] e la modalità della sua proclamazione;
- Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti;
- L’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi;
- Relazioni della Chiesa Ortodossa con tutto il restante mondo cristiano.
Si noti che rispetto all’elenco originario sono stati espunti
tre temi che non hanno raccolto la convergenza delle chiese su un
documento comune:
- l’ “autocefalia” e la sua proclamazione (cioè il modo in
cui una chiesa può essere dichiarata indipendente rispetto alle altre),
- i “dittici” (cioè la sequenza ufficiale delle chiese ortodosse secondo il grado di dignità)
- la questione del calendario comune (cioè la soluzione della
disparità tra uso del calendario giuliano e calendario gregoriano),
Il processo di convocazione si è ufficialmente concluso con la
pubblicazione dell’enciclica del patriarca Bartholomeos del 20 marzo
scorso, “Sulla convocazione del Santo e Grande Sinodo della Chiesa ortodossa”.
In questo testo il patriarca sottolinea l’importanza della via della
sinodalità come unica via di discernimento tra verità e menzogna: “Senza
decisione sinodale il discernimento tra ortodossia ed eresia non è
possibile. Tutti i dogmi della Chiesa e i suoi sacri canoni recano il
sigillo della sinodalità. L’Ortodossia è la Chiesa della sinodalità”.
L’enciclica chiarisce che si tratta innanzitutto di dare una
testimonianza di unità (“I tempi sono critici e l’unità della Chiesa
deve costituire l’esempio dell’unità per l’umanità dilaniata da
divisioni e conflitti”) e di compiere “un primo passo” nel cammino
sinodale, cui altri potranno seguire nel prossimo futuro.
Dal punto di vista pratico, occorre ricordare che, in base al
regolamento pubblicato dalla stessa sinassi dei primati del gennaio
2016, il concilio panortodosso sarà presieduto dal patriarca ecumenico,
che aprirà e coordinerà i lavori. Saranno rappresentate al concilio
tutte le chiese ortodosse autocefale ciascuna delle quali avrà una
delegazione di 24 vescovi, che potranno però essere accompagnati da sei
consultori (chierici, monaci o laici, sia uomini che donne) e da tre
assistenti. Le discussioni, in plenaria o nelle commissioni separate,
potranno vertere unicamente sui sei documenti pubblicati e le decisioni
finali saranno prese all’unanimità: questo significherebbe che un
documento, qualora non ricevesse l’approvazione di tutte le delegazioni
delle varie chiese (che avranno ciascuna diritto a un voto), non sarebbe
approvato.
Alle sessioni di apertura e di chiusura potranno assistere degli
osservatori di altre chiese e confessioni cristiane (due gli osservatori
della chiesa cattolica, e uno per ciascuno delle altre principali
chiese o istituzioni ecumeniche), insieme ai giornalisti accreditati,
mentre le altre sessioni saranno tutte a porte chiuse. Oltre ai
documenti approvati, il concilio produrrà un “messaggio finale”, la cui
stesura sarà affidata a un comitato speciale.
Questi mesi che separano la convocazione dalla celebrazione del
concilio hanno già visto un grande fervore organizzativo, e un vivace
dibattito è stato anche suscitato dalla pubblicazione dei documenti
preparatori: in vari paesi (Grecia, Russia, Belgio, Stati Uniti) a
questo scopo sono stati organizzati convegni teologici sui temi
conciliari, che hanno elaborato proposte di miglioramento e di modifica,
contribuendo alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica ed
ecclesiale sul significato dell’evento che sta per essere celebrato.
Parallelamente non sono mancate le tensioni e le reazioni negative: non
solo frange conservatrici presenti in quasi tutte le chiese ortodosse
hanno criticato ripetutamente le “aperture” e le “novità” presenti nei
documenti sulle relazioni della chiesa ortodossa con il resto del mondo
cristiano e sulla missione della chiesa nel mondo contemporaneo, ma si
sono registrate anche prese di posizione negative dei sinodi di intere
chiese, come quella della Chiesa ortodossa di Georgia che, dopo aver
rifiutato assieme al Patriarcato di Antiochia di approvare il documento
relativo al sacramento del matrimonio, ha successivamente ritirato la
sua approvazione anche per il documento relativo alle relazioni
ecumeniche.
Né si può dimenticare il disagio causato dalla rottura della
comunione, che perdura nonostante i tentativi di ricomposizione, tra il
patriarcato di Gerusalemme e il patriarcato di Antiochia a motivo della
giurisdizione canonica in Qatar. Nonostante tutto, la determinazione del
patriarca Bartholomeos e dei suoi diretti collaboratori e nel contempo
la convinta adesione di varie altre chiese ortodosse fanno ben sperare
riguardo al fatto che la grande nave del concilio, partita da lontano,
possa arrivare finalmente in porto: sarà un momento storico decisivo,
non solo per il mondo ortodosso, ma per tutto il mondo cristiano, come
lo fu cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II celebrato in ambito
cattolico.
PER APPROFONDIRE:Al Santo e grande Sinodo la rivista Missione oggi ha dedicato un approfondito dossier nel numero di aprile/maggio, a cura di Mauro Castagnaro.
Per cogliere in profondità la portata di questo evento atteso da oltre cinquant'anni può essere utile ripercorrere a che punto è il dialogo tra cattolici e ortodossi oggi.
È quanto è stato fatto da fr. Enzo Bianchi in un recente ed esauriente articolo per la Rivista del clero, che qui vi riproponiamo.
Anche Enrico Morini nel suo È vicina l'unità tra cattolici e ortodossi? (Qiqajon) esamina i rapporti tra Chiese d'oriente e d'occidente dalle scomuniche del 1054 alla riconciliazione del 1965.