Annunciato come un evento storico dovrebbe aprirsi il 19 giugno, ma
diverse Chiese ortodosse premono per un rinvio a causa di problemi
irrisolti. E Mosca ha chiesto a Costantinopoli una riunione preparatoria
straordinaria per «verificarne la fattibilità»
L’inizio solenne è fissato per il 19 giugno, solennità di
Pentecoste del calendario giuliano. Ma più si avvicina lo storico giorno
dell’apertura a Creta del Concilio panortodosso
- il primo che vedrebbe
dopo secoli riuniti insieme tutti i quattordici tra patriarcati e
Chiese autocefale che formano la galassia ortodossa - più le possibilità
di un rinvio si fanno consistenti. Vi sono infatti alcune Chiese che
minacciano espressamente di non mandare a Creta la propria delegazione
senza l’assicurazione che alcune loro richieste verranno accolte. Anche
per questo - ieri - il
Sinodo del patriarcato di Mosca ha chiesto ufficialmente al patriarca
di Costantinopoli la convocazione entro venerdì 10 giugno di «una
riunione preconciliare panortodossa straordinaria per verificare la
fattibilità del Concilio nelle date previste» .
Queste difficoltà non sono una sorpresa: da cinquant’anni il mondo
ortodosso discute di questo appuntamento. E solo grazie alla tenacia del
patriarca Bartolomeo e alla sollecitazione offerta dalla situazione
drammatica vissuta oggi dalla Chiese del Medio Oriente, in gennaio -
durante l’incontro dei primati tenutosi a Chambésy in Svizzera - era
stato trovato l’accordo per l’indizione dell’appuntamento di Creta.
Molti nodi sulle modalità di celebrazione di questo Concilio, però,
restavano lo stesso aperti e puntualmente ora stanno venendo al
pettine.
Lo scoglio principale è la possibilità di ridiscutere ed emendare i
sei documenti che l’assemblea delle Chiese ortodosse dovrebbe
promulgare. Tenendo presente il difficile iter di elaborazione (due
altri testi erano stati accantonati proprio per l’impossibilità di
arrivare a un consenso) Costantinopoli vorrebbe limitare il più
possibile la discussione dei testi. Mosca invece ha premuto perché
fossero resi pubblici già dopo l’incontro di Chambésy e questo ha
evidentemente creato dibattito sui contenuti. I tre documenti proposti
su cui nel mondo ortodosso vi sono più malumori sono quello sul
sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti (che già in Svizzera le
Chiese di Antiochia e di Georgia non avevano sottoscritto), quello sul
rapporto tra le Chiese ortodosse e il mondo contemporaneo e quello sulle
relazioni con le altre confessioni cristiane. Da più parti sono state
avanzate richieste di emendamenti (alcune le hanno redatte anche i
monaci del monte Athos). E il Sinodo del patriarcato di Mosca racconta
di aver ripetutamente chiesto a Costantinopoli che la questione fosse
affrontata dal segretariato incaricato di preparare il Concilio. La
richiesta però non è stata accolta e il segretariato in questi mesi si è
incontrato solo per discutere questioni logistiche.
Attualmente la posizione più intransigente è quella della Chiesa
ortodossa bulgara che chiede apertamente il rinvio dell’appuntamento; in
caso contrario Sofia non manderà la propria delegazione a Creta. Ma
nell’aria c’è anche un’altra possibile defezione illustre: quella del
patriarcato di Antiochia, che lamenta la mancata soluzione della
diatriba con il patriarcato di Gerusalemme sulla giurisdizione sui
fedeli ortodossi del Qatar. Qualche giorno fa Costantinopoli ha
annunciato la costituzione di un comitato bilaterale per risolvere il
problema, ma ha precisato che inizierà a riunirsi solo dopo la fine del
Concilio panortodosso. Questa tempistica è ritenuta però inaccettabile
dal patriarcato di Antiochia, che sulla vicenda del Qatar l’anno scorso
ha ufficialmente rotto la comunione ecclesiale con Gerusalemme e vuole
dunque che il caso sia risolto prima dell’inizio dei lavori. Una
questione spinosa che nel suo comunicato il Sinodo di Mosca cita come
un’ulteriore ragione per riflettere se sia davvero opportuno confermare
la data dell’ormai imminente appuntamento di Creta.