Daniela Sala, ilblogdelregno
Kolympari (Creta). Dopo quattro sessioni di confronto a porte chiuse, e ormai a metà del Concilio, è pronto il primo documento: è quello sulla Diaspora ortodossa,
la cui bozza era stata approvata a Chambesy nel 2009, e che qui al
Concilio è stato discusso come secondo, ieri mattina.
Gli emendamenti
presentati e votati dai delegati in assemblea sono stati recepiti dal
Segretariato panortodosso, un organismo in cui sono rappresentate tutte
le Chiese qui presenti, e oggi pomeriggio la versione finale sarà a sua
volta sottoposta al voto. Il metodo decisionale impiegato dalle Chiese
ortodosse è quello del consenso, perciò un documento è approvato quando tutti sono d’accordo.
Nella conferenza stampa di oggi il metropolita Gregoria di Messaoria ha spiegato che i padri conciliari sono molto contenti del risultato,
che ha arricchito il testo preparatorio delle esperienze e suggerimenti
frutto di sei anni di vita delle Assemblee episcopali, organismi
costituiti come soluzione di transizione al problema – in alcuni luoghi
molto acuto – delle giurisdizioni sovrapposte tra Chiese ortodosse
diverse in terre di diaspora (qui una scheda sintetica del documento preparatorio, e di tutti gli altri).
Nelle
sessioni di lunedì pomeriggio e di ieri i patriarchi, i vescovi e i
delegati si sono confrontati anche sul documento preparatorio La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, approvato a Chambesy nel gennaio di quest’anno e tradotto in italiano su Il Regno, ma che è più complicato da modificare con gli emendamenti approvati, e perciò sarà pronto solo domani per la firma.
Due impressioni dalla conferenza stampa di oggi. La prima è sul clima del Concilio:
sia il portavoce Job di Telmessos, sia il metropolita Gregorio, sia il
portavoce del Patriarcato Ecumenico p. John Chrissavgis hanno
sottolineato la positività del confronto, lo spirito di unità e il
dialogo aperto e costruttivo. Non hanno dato l’impressione di voler
sostenere una facciata, perché il racconto della fecondità dell’incontro
tra i delegati di paesi diversi, età diverse, gradi gerarchici diversi
mi ha richiamato alla mente per analogia quanto hanno riferito alcuni
padri sinodali dopo i Sinodi del 2014 e 2015 sulla famiglia.
E la seconda sottolineatura è sul tema Tradizione/tradizioni. Il patriarca Daniel di Romania – è stato riferito – ha sollevato il problema dell’«etnofiletismo», cioè del nazionalismo etnico,
e della sua necessaria distinzione dall’identità culturale e dal
patriottismo. È un problema cruciale per le Chiese ortodosse, che sono
tutte Chiese nazionali e hanno condannato il nazionalismo già nel 1872.
In conferenza stampa il metropolita Gregorio ha spiegato che il
nazionalismo etnico non è un tema che verrà sviscerato in questo
Concilio, dove l’agenda è già fissata da tempo, ma magari
successivamente; e ha sottolineato che in un certo senso questo tema per
gli ortodossi sta sullo sfondo di tutti i discorsi, perché l’identità
nazionale è una caratteristica distintiva delle Chiese ortodosse – si
pensi all’importanza della lingua nella liturgia – e tuttavia deve
essere vissuta in modo da non creare muri tra loro. Bisogna imparare a
distinguere – ha detto – fra Tradizione con la T maiuscola, e
tradizioni locali. La prima è quello che unisce profondamente nella
fede, le seconde quello che differenzia. Una questione che, in un modo o
nell’altro, stanno dibattendo tutte le Chiese cristiane.