“L’obbligo
fondamentale di ogni Chiesa, sia essa ortodossa, cattolica romana o di
qualsiasi altra denominazione protestante, è quello di rispettare e
riconoscere ‘l’altro’”.
È questo lo stile del dialogo ecumenico
tracciato dal patriarca ecumenico Bartolomeo I, nell’intervento questo
pomeriggio a Roma al 24° Congresso internazionale della “Society for the
Law of the Eastern Churches” che si svolge presso l’Istituto Pontificio
Orientale. Giovedì 19, i partecipanti saranno ricevuti da Papa
Francesco. Perché ci sia dialogo e riconoscimento dell’altro, occorre
privarsi di ogni forma di “antagonismo ostile tra i cristiani di diverse
confessioni”, lavorare e dialogare “su un piano di parità nella comune
ricerca della verità. La Chiesa – ha quindi proseguito Bartolomeo – non è
divisa da una linea che delimita i ‘progressisti’ dai ‘conservatori’,
ma da una scissione tra errore e verità, tra vita e morte. Ma la strada
che conduce alla verità e alla vita è una strada accidentata, che
richiede, oltre allo sforzo, una resistenza ai mali storici come il
fanatismo, l’intolleranza e il fondamentalismo”. Questi mali “devono
essere respinti nel nome del Vangelo”. Il dialogo pertanto necessita di
persone capaci di mettersi in gioco, di presentare la propria esperienza
agli altri con umiltà per “scoprire, comprendere e sperimentare la
verità raggiunta attraverso questa ricerca comune”. “Niente di tutto ciò
mina l’integrità della tradizione canonica della Chiesa ortodossa. Al
contrario, la legge canonica ortodossa è arricchita da questo processo
in tutto”. Ma c’è di più. “Il punto finale del dialogo ecumenico –
osserva Bartolomeo – non può essere ridotto alla prospettiva di
un’unione delle sole Chiese cristiane. Lo scopo del nostro dialogo è
facilitare la salvezza del mondo in Gesù Cristo. La ricerca dell’unità
dei cristiani è in realtà la ricerca dell’unità del genere umano”. Ed ha
concluso: “Nell’attuale contesto culturale, segnato da molteplici forme
di razzismo, ogni iniziativa volta a unire i popoli della terra nello
spirito di una sincera riconciliazione è un passo per arginare le
intenzioni cattive e la disumanità; è un contributo sostanziale verso un
futuro migliore per l’umanità. La missione delle Chiese è di servire
l’umanità, non il proprio territorio”.