Monastero di Bose
CHIAMATI ALLA VITA IN CRISTO
Nella chiesa, nel mondo, nel tempo presente
Monastero di Bose, 4-6 settembre 2019
in collaborazione con le Chiese ortodosse
MESSAGGIO DI YOUHANNA X, PATRIARCA DI ANTIOCHIA
Damasco, 1 agosto 2019
Amatissimo fondatore del Monastero di Bose fratel Enzo,
amato priore Luciano,
eminenze, reverendi fratelli sorelle, stimati partecipanti,
amato priore Luciano,
eminenze, reverendi fratelli sorelle, stimati partecipanti,
Dio non ha abbandonato Adamo dopo la caduta. Nella sua prescienza
sapeva che egli lasciato alla sua sola volontà difficilmente si sarebbe
convinto di quanto fosse degno di lode obbedire alla volontà di Dio e
per questo prestabilì un piano divino di salvezza per Adamo e per tutti
quelli che, a causa dei loro peccati, sarebbero stati preda della morte
(cf. Rm 5,12). Questo era il disegno eterno di Dio: che suo Figlio
diventasse la fonte della giustificazione per fede e della salvezza dal
peccato e dalla morte. E così l’incarnazione, la morte, e la
resurrezione del Figlio di Dio manifestarono la divina ricerca della
“pecora perduta” (Lc 15,4).
Con le parole “siamo ambasciatori di Dio” e “vi supplichiamo in nome
di Cristo” (2Cor 5,20), Paolo mostra la chiamata di Dio alla vita e la
sua attesa che gli esseri umani accolgano questa chiamata. Il Dio
longanime e misericordioso che “fece peccato in nostro favore colui che
non aveva conosciuto peccato” (2Cor 5,21), non si accontentò di questo
ma scongiurò l’uomo di accettare la sua offerta. Osserva Paolo: “Tutto
questo però viene da Dio” (2Cor 5,18), poiché egli diede il suo Figlio
per la giustificazione dell’uomo e invece di attendersi in contraccambio
qualcosa di pari valore, supplicò l’uomo di accettare le cose buone che
egli gratuitamente gli offriva (cf. 2Cor 5,20).
Ciò che Dio chiede è la fede la quale implica l’accoglienza da parte
dell’uomo dell’opera salvifica di Dio. Nell’insegnamento dell’apostolo
Paolo vi è una relazione interdipendente tra la fede in Cristo e
l’obbedienza a lui. La sequela di Cristo si esprime nell’obbedire a
Cristo e nel praticare l’amore che rimane il più grande dei comandamenti
che il credente in Cristo è chiamato a custodire. Il cristiano deve
porre il comandamento dell’amore quale legge della propria vita avendo
come esempio Cristo stesso che fu consegnato pienamente all’odio e alla
morte per salvare l’uomo. Ancor più, la fede, secondo l’apostolo Paolo,
deve sempre esprimersi attraverso l’adempimento di gesti d’amore. Per
questo spesso egli collega fede e amore e sottolinea che, senza l’amore,
la fede non è nulla; una fede senza amore non serve a nulla. La fede
completata dall’amore secondo l’esempio di Cristo contiene l’avventura
della sequela di Cristo in tutti gli aspetti della vita. Questa è la
risposta alla chiamata di Dio. Quanto più la fede di un credente è forte
e la sua imitazione dell’esempio dell’amore di Cristo è radicale, tanto
più la sua risposta alla chiamata di Dio sarà profonda a tal punto da
produrre cambiamenti radicali nelle priorità di scelta, nei modi di vita
e di interagire con il prossimo.
Con molta gioia prevediamo che i lavori del convegno diffonderanno
una luce radiosa sull’importantissimo tema “Chiamati a vivere in
Cristo”. Ci attendiamo che i nostri rappresentanti e i partecipanti
provenienti dall’Antico trono patriarcale di Antiochia ci trasmettano i
risultati di questo importante convegno che rappresenta certamente un
servizio ecumenico e che contribuisce a uno studio approfondito del
santo e imperituro deposito di fede.
+ Youhanna X
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente